Summit sulle riforme Silvio e Gianfranco si ritrovano al tavolo

Faccia a faccia tra premier e presidente della Camera. Ieri la cena tra Cav e leghisti: Galan all’Agricoltura

Roma Gli amici si vedono al momento del bisogno. E vabbè. Ma si distinguono anche per il rispetto dei patti. Il Senatùr lo sa bene, nonostante faccia ogni tanto «orecchie da mercante», come rimarcano - sbuffando - i pidiellini. Ma tant’è. E fra una portata e l’altra, con tanto di brindisi per Luca Zaia, neo governatore del Veneto, per il Cavaliere - che oggi parlerà a quattr’occhi di elezioni, Pdl e riforme con Gianfranco Fini - non è un’impresa ottenere il via libera al cambio di targhetta al ministero dell’Agricoltura.
Ecco quindi profilarsi la tanto attesa nomina per Giancarlo Galan, il grande «sacrificato» nella recente contesa delle Regionali (il suo ingresso nella squadra di governo potrebbe essere sancito al Cdm di domani). Anche a costo di accontentare ancora una volta il leader del Carroccio. Magari sulla composizione delle nuove giunte, se si intuisce il significato delle sue parole: «L’importante è che gli interessi degli agricoltori siano garantiti dai nostri assessori in Lombardia e in Veneto». Una trattativa in cui non rientra, è ovvio, l’ipotesi di un futuro primo ministro in cravatta verde, nonostante Bossi ci giochi un po’ su: «Tutto è possibile, l’abbiamo dimostrato, anche se abbiamo già tante poltrone e non ci interessa averne un’altra in più».
Così, riforme a parte, il cambio della guardia tra veneti è la prima portata del menu. Fondamentale passaggio, per sbloccare l’impasse sul mini-rimpasto, che dà il la al nuovo confronto tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi (si presenta di nuovo con il figlio Renzo). Il secondo, ad elezioni archiviate, a cui prendono parte, oltre al ministro uscente (Zaia) ed entrante (Galan), anche Roberto Calderoli, Angelino Alfano, Rosi Mauro, Roberto Cota, Federico Bricolo, Aldo Brancher. Invitati pure i coordinatori del Pdl Denis Verdini e Ignazio La Russa.
Una cena, quella tenutasi ieri sera a Palazzo Grazioli, in cui si discute di federalismo, fisco, giustizia e riforme istituzionali. E propedeutica, per certi versi, al faccia a faccia odierno tra premier e presidente della Camera. Già, stavolta è ufficiale e l’incontro è davvero annotato su entrambe le agende. Un vis-à-vis che sembrava poter slittare ancora, ma che viene invece fissato in mattinata dai diretti interessati, nel corso di una telefonata, al rientro di Berlusconi dal summit sul nucleare a Washington.
Riforme, di certo, anche nel menu di oggi, con Fini che proverà a rilanciare la necessità di allargare più possibile l’intesa con l’opposizione (in primis su nodo presidenzialismo e legge elettorale) per evitare lo spettro del referendum. E con il Cavaliere che, dopo aver ascoltato - si pronostica - ribadirà l’importanza di fare in fretta, anche da soli se necessario. D’altronde, avvertono i suoi sul Mattinale, «la sinistra non vuole che la “ciliegina”, si fa per dire, di una grande riforma approvata in Parlamento, sia in modo bipartisan sia contando sulle forze della sola maggioranza, offra al presidente del Consiglio e al suo governo di dare alla Legislatura un valore storico». Ecco perché «sta a noi del centrodestra recuperare al più presto il bandolo della matassa».
Si parlerà pure di Pdl, è evidente, nel confronto tra Fini e Berlusconi, che dopo il recente responso delle urne, però, non si immagina più come una resa dei conti. Anche se la terza carica dello Stato tornerà a chiedere di evitare un «appiattimento» sul Carroccio. In ogni caso, sarà inevitabile discutere sulla convocazione degli organi interni. Ad esempio, potrebbe tenersi giovedì la direzione nazionale. Ipotesi che si sarebbe dovuta esaminare ieri, a cena a casa di Denis Verdini - raccontano - tra coordinatori e capigruppo. Appuntamento poi saltato, forse pure alla luce del faccia a faccia tra i due co-fondatori.
Nella maggioranza, intanto, si prova a delineare la road-map per trasformare in legge il ddl sulle intercettazioni. Tema al centro di una riunione a Palazzo Grazioli, a cui partecipano tra gli altri il Guardasigilli Alfano, il presidente della Commissione Giustizia al Senato, Filippo Berselli, e il capogruppo del Pdl a Palazzo Madama, Maurizio Gasparri. Si esaminano così le «ipotesi emendative» al testo, già approvato in prima lettura alla Camera, che verranno presentate a inizio settimana prossima.

La prima modifica, politicamente sostanziale, secondo le prime indiscrezioni, sarebbe quella di tornare ai più miti «gravi indizi di reato», anziché «evidenti indizi di colpevolezza», come condizione necessaria per ricorrere all’ascolto digitale.

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