
La velocità con cui si muove lo scenario politico contemporaneo determina la nascita di nuove categorie utilizzate per definire fenomeni e aree di pensiero che rivestono una particolare rilevanza nel dibattito pubblico. È avvenuto qualche anno fa con il sovranismo, accade oggi con la tecnodestra. Si tratta di un'espressione utilizzata con sempre maggiore frequenza, in particolare dopo il sostegno di Elon Musk a Donald Trump alle presidenziali americane, a cui viene in prevalenza attribuita un'accezione negativa ma che ha in realtà un significato ben più profondo. Andrea Venanzoni ha scritto un prezioso libro intitolato Tecnodestra. I nuovi paradigmi del potere (Signs Books) in cui analizza questo fenomeno definendone la storia, i tratti salienti e i suoi principali esponenti.
Trait d'union dell'opera è il rapporto tra la politica e il digitale, in particolare le big tech. L'assunto di fondo è che da ormai vari anni stiamo assistendo a un primato della tecnica sulla politica che attualizza la visione marxista della prevalenza dell'economico sul politico. Finché però le big tech esercitavano un'influenza o avevano un rapporto privilegiato con il mondo liberal o democratico, questo problema non sussisteva ma, non appena è avvenuto un avvicinamento ai repubblicani e alla destra, tutto è cambiato. Da quel momento si è iniziato a parlare più diffusamente di tecnodestra con un'accezione dispregiativa ma si tratta di un fenomeno che si era sviluppato già da molti anni negli Stati Uniti.
Dopo essersi soffermato sul concetto di tecnofeudalesimo (già approfondito in un suo precedente libro), l'autore si interroga sul rapporto tra la libertà di espressione e la tecnodestra ma la parte più interessante del testo è il capitolo dedicato a «le origini culturali e le caratteristiche della tecnodestra» in cui ripercorre la storia e l'evoluzione. Venanzoni approfondisce così fenomeni e correnti della destra americana poco note e non sufficientemente studiate in Italia ma che hanno un peso crescente negli Stati Uniti in particolare nel mondo Maga Make America Great Again e non solo. La tecnodestra è così composta da un coacervo di identità; si va dai movimenti libertari e paleolibertari al pensiero neoreazionario e al neocameralismo di Curtis Yarvin fino all'Alt-right. Dietro all'ascesa della tecnodestra ci sono fenomeni spesso sottovalutati come le criptovalute che sono considerate uno strumento di libertà, da qui il ruolo della cosiddetti Crypto-anarchici ma anche «la cultura del gaming e del trolling online» con i troll e i forum che rappresentano nuovi strumenti politici.
Venanzoni si concentra poi sulle principali figure che rappresentano la tecnodestra a cominciare dai due nomi più noti: Peter Thiel ed Elon Musk la cui ascesa imprenditoriale va di pari passo con la crescita della loro influenza politica al punto da definire il vicepresidente degli Stati Uniti J.D. Vance «il volto politico della tecnodestra». Non è un mistero il ruolo di Thiel nell'ascesa di J.D. Vance né il supporto economico di Elon Musk a Donald Trump ma la galassia della tecnodestra è più eterogenea e formata da figure come Alexander Karp, ceo di Palantir e autore del libro The Technological Republic. Oggi la tecnodestra è diventata a tutti gli effetti un fenomeno globale che non impatta più solo nel contesto politico americano ma anche in Europa, sarebbe però sbagliato concepirla come un monolite: «gli esponenti di questa tecnodestra sono eterogenei, dissonanti, spesso in aperta contraddizione tra loro». Inoltre sono: «piu accomunati dalla avversione ad alcuni elementi comuni, l'agenda politica woke, l'eccesso di regolazione, la degenerazione assistenzialista e tribale dei sistemi democratici, che non da una comune, organica, visione del mondo e della societa».
In conclusione, spiega Venanzoni, quando ci riferiamo alla tecnodestra non siamo di fronte a un'ideologia quanto a una prassi che «è pragmatica tensione alla innovazione, opposizione all'accentramento burocratico e radicale, intransigente rifiuto della retorica della giustizia sociale e dei diritti e dell'autodistruzione d'occidente, progresso nel senso profondo del termine, non fanatico ma che del pari rigetta dogmi green e decrescisti, e che nella forza creatrice e disruptive dell'alta tecnologia scorge il profilo della disossificazione di modelli istituzionali paralizzati, incapaci di muoversi, di evolversi, di decidere».
Con lo stesso titolo è da poco uscito anche un libro di Vincenzo Sofo che, come emerge dal sottotitolo L'Europa politica nell'era di Musk, si sofferma più sull'influenza della tecnodestra nel contesto politico europeo. Edito da Paesi Sera nella nuova collana «Hic sunt leones» diretta da Frediano Finucci, Sofo prima analizza Il grande reset: la risposta progressista approfondendo il rapporto tra la sinistra e la tecnica per poi, nella seconda parte del libro, tracciare le coordinate della risposta conservatrice del Make Europe Great Again. Secondo l'autore la destra non deve commettere lo stesso errore compiuto dalla sinistra che, diventando tecnosinistra, «ha consegnato il monopolio alla tecnica». Sofo si domanda «quale sarà il punto di equilibrio che riusciranno a trovare la Casa Bianca e le Big tech americane?» e «quanto riuscirà Trump a bilanciare i rapporti di forza?». L'immagine dei rappresentanti delle big tech presenti all'inaugurazione del Trump bis, «accorsi tutti al cospetto del nuovo imperatore», rappresenta secondo l'autore «una speranza»: «avevamo ormai dato per scontato che gli Stati nazionali stessero inesorabilmente cedendo il passo agli Stati digitali, e che fossero i secondi a dominare i primi.
Lo scopo di Trump è evidentemente ribaltare quel rapporto di forza, per mettere i secondi al servizio del suo governo». Difficile dire se Trump riuscirà nell'intento o se, al contrario, come sostengono i suoi detrattori, la sua presidenza sarà ostaggio delle big tech. Una cosa è certa, la tecnodestra è arrivata al potere.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.