Teglio, l’aviatore che ingannò le SS per salvare ebrei

Questa sera su Canale 5 lo sceneggiato con Sergio Castellitto sulla figura dell’eroe genovese

Teglio, l’aviatore   che ingannò le SS   per salvare  ebrei

(...) il custode Bino Polacco intento a giocare con i suoi due figli, Carlo e Roberto. I tedeschi puntano i mitra contro Polacco e lo obbligano a consegnare tutti i registri anagrafici della Comunità israelitica genovese, poi lo caricano con i ragazzi e la moglie su un camion e li portano nel carcere di Marassi. In seguito, si saprà che l'intera famiglia Polacco è stata rinchiusa e sterminata in un campo di concentramento tedesco. Con questa prima, rapida operazione, ordinata dal maggiore Sigfried Engel, capo del Servizio di Sicurezza S.D. di Genova, ha inizio il calvario della minoranza ebraica residente nel capoluogo ligure. Il giorno seguente le SS riusciranno ad arrestare in Galleria Mazzini il rabbino Riccardo Pacifici. Alcuni giorni dopo, lo caricarono su una tradotta con destinazione Auschwitz, in Polonia, dove venne ucciso e cremato, assieme a tanti altri correligionari, in uno dei forni del campo. Proprio in quel drammatico autunno del '43 (nel novembre 1943 sono arrestati e deportati 300 ebrei genovesi) a Genova Massimo Teglio stringe le fila dell'organizzazione clandestina «Delasem», (Delegazione per l'Assistenza agli ebrei Emigranti, con sede centrale a Genova) creata dall'Unione delle Comunità israelitiche italiane nel dicembre 1939 per fornire assistenza ai profughi ebrei diretti in Palestina o oltre Oceano (tra il 1938 e il 1945 l'organizzazione riuscirà a mettere in salvo oltre 30.000 israeliti). Teglio, uomo coraggioso e di saldi principi morali, era stato uno dei primi ad entrare a fare parte della Delasem. Fiancheggiavano l'organizzazione cittadini comuni, ma anche molti funzionari, ufficiali dell'esercito e dei carabinieri e parecchi prelati dell'Arcivescovado che si adoperarono per procurare rifugio agli ebrei perseguitati dalle forze nazi-fasciste o aiutandoli a fuggire all'estero.
Con lo scopo di realizzare al più presto la cosiddetta «soluzione finale», nell'inverno tra il 1943 e il 1944, Heinrich Himmler, comandante in capo delle SS, ordinò il rafforzamento delle sue unità operanti in Italia e sul territorio ligure per «liquidare» tutti gli ebrei ancora a piede libero. E fu così che presso l'edificio della Casa dello Studente di corso Gastaldi iniziò ad operare il nucleo S.D. agli ordini del maggiore Engel. All'indomani dell'armistizio dell'8 settembre 1943, a fronteggiare questa efficiente macchina di sterminio, non c'erano che poche decine di uomini, di fede ebraica e cristiana, dotati di grande coraggio, ma di pochi mezzi. E fu proprio per questo motivo che Massimo Teglio, spalleggiato dalla Curia e da non pochi funzionari del Comune, aveva posto le basi per la creazione di una vera organizzazione di salvataggio, iniziando per prima cosa a dedicarsi alla fabbricazione di documenti falsi e lasciapassare per gli ebrei alla macchia e per quelli che si apprestavano a fuggire da Genova. Teglio, uomo tranquillo, ma anche astuto, carismatico e dotato di notevole iniziativa, mise in piedi un laboratorio per la contraffazione di documenti, anche grazie alla collaborazione della Ditta Prada e del tipografo Valtolina che fornirono la carta e i timbri a secco di vari comuni italiani, mentre la Curia procurava quelli di gomma delle parrocchie (prezioso risultò l’apporto di don Repetto, segretario del cardinale Boetto). Teglio, infatti, non era solo. In Questura alcuni funzionari si adoperarono per favorire l'attività di Teglio e della Desalem, rischiando di essere scoperti e fucilati dai nazi-fascisti. In Prefettura, operava il dottor Claudio Lastrina, che fino dall'autunno del '43 si era messo a disposizione di Teglio per aiutarlo a reperire documenti e timbri falsi. Purtroppo, un giorno Lastrina si tradì e venne arrestato dalle SS che lo deportarono in un non precisato campo in Germania dove, nel 1944, venne fucilato. Presso il Comune di Genova, il vice segretario generale, avvocato Gian Antonio Nanni, e alcuni collaboratori, riuscirono per settimane a tenere nascosto ai tedeschi l'elenco completo degli ebrei residenti in città, stilato nel 1938 in occasione del varo delle leggi razziali. Anche l'Arma dei Carabinieri si adoperò spesso per coprire in qualche modo Teglio, i membri della Delasem e gli ebrei braccati dalle SS o dalla Gestapo. Molti di questi perseguitati vennero ospitati nel lebbrosario e nel reparto Malattie Infettive dell'Ospedale di Genova. E tutto ciò fu possibile grazie alla connivenza dei professori Cartagenova e Catterina e dei dottori Morra, Vittone, Solimano, D'Antilio e Ciffatte. Persino alcuni plenipotenziari e ufficiali tedeschi di salda fede cristiana, come il console generale Hans Bernard e il console ordinario Alfredo Schmidt («un austriaco di ottimi sentimenti», così lo descrisse il cardinale Boetto) collaborarono con la Curia, contribuendo alla salvezza di alcuni ebrei. A dimostrazione che non tutti i tedeschi condividevano i folli progetti di Hitler e di Himmler. Tra il 1943 e il 1944, la «Delasem», ormai trasformatasi in una vera e propria organizzazione dotata di mezzi e di sufficiente sostegno finanziario (il denaro veniva procurato attraverso collette e donazioni di cittadini sia ebrei che cristiani e grazie a periodici versamenti da parte dell'Arcivescovado), cominciò a progettare l'espatrio clandestino di interi nuclei di civili ebrei. Per attuare questo piano, che comportava ovviamente difficoltà e rischi di ogni genere, venne chiamato a Genova Raffaele Cantoni, un noto esponente della resistenza ebraica che, dopo essere stato arrestato a Firenze dai nazisti, era riuscito a fuggire buttandosi da un treno in corsa.
Giunto nel capoluogo ligure, Cantoni nominò Teglio responsabile della Desalem per tutto il Nord Italia: un incarico prestigioso che dimostrava chiaramente la capacità e il coraggio da lui dimostrato nei mesi precedenti. A Teglio spettò anche il compito di studiare e pianificare i percorsi di fuga più idonei per attraversare l'Appennino, la Pianura Padana, e raggiungere il confine svizzero. A questo riguardo occorre ricordare che nel dicembre del 1943 un primo tentativo di fuga, organizzato dal sacerdote don Rotondi, era finito in tragedia. Teglio decise quindi di organizzare un nuovo e più sicuro sistema di espatrio, cercando per prima cosa di contattare funzionari svizzeri di sua fiducia. Gli espatri vennero organizzati soltanto per piccoli gruppi di 5 o 6 persone, per consentire una maggiore rapidità di spostamento e di eventuale occultamento lungo il percorso. I nominativi dei fuggitivi venivano preventivamente segnalati da Teglio al console svizzero che, a sua volta, si preoccupava di inoltrare la lista a Berna, affinché le autorità governative approntassero i documenti attestanti il diritto di espatrio e di asilo per i «profughi». Teglio fece miracoli e in pochi mesi la sua organizzazione riuscì a fare fuggire da Genova decine e decine di ebrei e persino un giovane soldato della Rsi, renitente alla leva e condannato a morte in contumacia.

La Desalem e Teglio operarono ininterrottamente, anche se fra molteplici difficoltà, fino al 25 aprile del 1945, quando le truppe del generale tedesco Gunther Meinhold di stanza a Genova e nella provincia deposero le armi arrendendosi alle formazioni partigiane.

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