Nel 2000 due premi Nobel per l'Economia come Robert Mundell, padre teorico della moneta unica, e Milton Friedman, autore della «Reaganomics», si affrontarono in un duello riguardo la bontà dei cambi flessibili rispetto ai fissi, che sono alla base dell'euro e delle 11 monete che per prime vi confluirono. Rileggerlo ora nel pieno di una ripresa inflattiva in Europa e con il rischio di un riacutizzarsi delle tensioni tra i diversi stati nazione, è molto istruttivo.
Mundell non aveva dubbi sulla bontà del progetto di moneta unica. Riguardo all'euro Mundell scrive: «Dopo che le undici monete si sono legate all'euro, e anche prima che fosse emesso in biglietti e monete, i movimenti speculativi dei capitali tra il marco e la lira, il franco e la peseta, e tutte le altre monete sono diventati un ricordo del passato».
Friedman risponde con un'analisi lucidissima che conviene tenere bene a mente: «L'euro, immagino si concordi, è stato voluto per ragioni politiche e non economiche, ritenendo che esso avrebbe poi portato ad una maggiore integrazione politica - i famosi Stati uniti d'Europa - e che avrebbe reso impossibili quelle guerre che hanno devastato il vecchio continente». Ma il rischio che si corre è enorme: «L'Irlanda necessita di una politica monetaria molto diversa dalla Spagna o dal Portogallo. Se avessero dei cambi flessibili potrebbero, ma con l'euro e una sola banca centrale è impossibile. Ciò comporterà un aggiustamento sui prezzi interni e sui salari, sui movimenti delle persone e sui capitali. Questi ultimi sono complicati per le diverse culture e pesanti regolamentazioni statali. Dunque se aumenterà la flessibilità dell'eurozona, l'euro potrà prosperare. Se non ci sarà, come io temo, i singoli paesi che lo compongono avranno shock economici divergenti e nuove difficoltà economiche emergeranno. Governi diversi saranno soggetti a differenti pressioni politiche e ciò potrà comportare conflitti politici, dai quali la Banca centrale europea non sarà immune». E Friedman continuava: «visto che ormai l'euro l'hanno fatto spero di sbagliarmi nelle mie analisi e previsioni. E mi auguro che abbia ragione Mundell, e che i singoli stati saranno sufficientemente flessibili su prezzi e salari».
A venti anni di distanza possiamo dire che Friedman purtroppo ci aveva preso. Anche se le conseguenze non sono state tragiche per il continente, ma solo per i suoi Paesi periferici. La flessibilità dei prezzi e dei salari c'è stata: gli italiani hanno visto perdere il loro potere di acquisto e gli stipendi si sono polverizzati in termini relativi. E anche la Banca centrale ha visto al suo interno una guerra sulle politiche da adottare nel combattere l'inflazione.
Ma ha vinto la linea Draghi. Se così non fosse stato, i riaggiustamenti per la nostra economia sarebbero stati ancora più bruschi. Ma il tema oggi è: con la recente fiammata inflazionistica, verrà seguita la strada latina o quella tedesca?
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