Wimbledon 1973, quell'incredibile maxi boicottaggio

Tutto nasce dalla squalifica di Nikola Pilić: ottanta tennisti si ribellano e sabotano il tempio sacro dell'All England Lawn Tennis and Croquet Club a due settimane dal via

Wimbledon 1973, quell'incredibile maxi boicottaggio
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Quando i capoccia dell'ILFT, la Federazione Internazionale Tennis, si passano quella carta di mano in mano, stentano a crederci. Porta la sigla dei tre fondatori dell'ATP, Cliff Drysdale, Donald Dell e Jack Kramer. Il testo, scorso ad un paio di settimane dall'inizio di Wimbledon, lascia atterriti: "Spiacenti, non veniamo più. Non abbiamo altra scelta". Ottanta tennisti diserteranno il tempio sacro dell'All England Lawn Tennis and Croquet Club. Ma com'è diamine è successo?

Per capirlo serve stringere l'inquadratura su un alquanto dimenticabile tennista nato a Spalato, che di nome fa Nikola Pilić. Dimenticabile, si diceva, almeno fino al 1973. Nikki non brilla, viene spesso soverchiato, la nazionale la vede col binocolo. Però poi scatta qualcosa. D'un tratto il suo tennis inizia prodigiosamente ad evolversi. E lo chiamano a disputare un match di Coppa Davis: Jugoslavia vs Nuova Zelanda. Di norma uno correrebbe a rappresentare i propri colori. Più difficile se in mezzo si infila l'allettante proposta di un doppio da disputarsi in Canada nello stesso periodo. Là il premio partita è molto più alto. La scelta è indirizzata: Pilić declina l'invito della sua federazione e va in nord America, dove il gruzzolo è cospicuo. "Grazie, ma non avete bisogno di me", scrive ai suoi connazionali. Che la prendono malissimo. Come anche l'ILFT: squalificato per 9 mesi. Eccolo servito, il casus belli.

Adesso si balla. Perché da questa scintilla sorge un match all'ultimo sangue tra ATP e Federazione internazionale. Dritti e rovesci come se piovesse. Venerdì 22 giugno Drysdale convoca un'assemblea urgente: l'obiettivo è fare blocco contro le prepotenze dell'ILFT. "Riponiamo massima fiducia nella nostra causa. Siamo profondamente dispiaciuti che tutto questo sia avvenuto nelle due settimane di Wimbledon, ma non avevamo altra scelta". Tradotto: 80 tennisti professionisti rinunciano a giocare il torneo per solidarietà verso il loro collega punito. Perché oggi è toccato a lui, ma in futuro chissà. E la libertà di autoderminazione non è in vendita. Sbam.

Ed eccoli qua, i dinosauri della Federazione, alle prese con una vicenda che gli è appena deflagrata tra le mani. Però a Londra, e in Inghilterra in generale, non è che tradizionalmente ci si perda d'animo. Nemmeno di fronte ad uno tsunami del genere. I nostri recuperano in fretta e furia tutti quelli che non sono riusciti a qualificarsi per il torneo, ma ancora non basta. Ci infilano dentro, per fare numero, anche giocatori che lambiscono soltanto il professionismo.

Gli unici del circuito ATP a partecipare sono Ilie Năstase, che racconta essere stato invitato direttamente dal dittatore Ceaușescu a partecipare, e il tennista di casa Roger Taylor, che vive un rapporto troppo osmotico con il pubblico locale per pensare di deluderlo. Ne scaturisce un Wimbledon di livello clamorosamente infimo. Ma nell'orrida ammucchiata spiccano anche due giovani che sembrano destinati ad un futuro radioso. Uno viene dall'Illinois, ha vent'anni appena e si chiama Jimmy Connors. L'altro è ancora più giovane. Diciassette primavere. Faccino suadente e caschetto biondo. Viene dalla Svezia. Si chiama Björn Borg.

Il tennis discutibile giocato in quel torneo, paradossalmente, attira gli spettatori. Wimbledon registra addirittura il record di pubblico, perché la gente è incuriosita da quel tabellone inedito e dalle polemiche. Vuole vedere dal vivo come andrà a finire. Roba che fa sfilare in secondo piano anche il titolo vinto dal ceco Jan Kodeš. Game, set, match per l'ILFT sussurra qualcuno. Altri sono persuasi che a spuntarla sia stata l'ATP.

Quel che di oggettivo resta è un sabotaggio surreale come la storia futura di

Pilić. Diventerà il primo tecnico a vincere con due nazioni diverse (Germania e Croazia) quella Coppa Davis che aveva disertato, innescando tutto. Sceneggiatura impensabile eppure reale come un odierno diagonale di Alcaraz.

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