Mosca continua a puntare il dito contro l’Ucraina e ad attribuirle la responsabilità dell’attacco terroristico del 22 marzo alla Crocus City Hall, dove hanno perso la vita più di 140 persone. Giovedì 2 aprile, durante una riunione sulla situazione al fronte, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha dichiarato che la traccia di Kiev nell’attentato è “evidente”.
Il responsabile della diplomazia della Federazione ha definito l’Ucraina uno Stato “apertamente terrorista”, che “per dieci anni ha terrorizzato i cittadini sia nel proprio Paese che all'estero”. Le sue parole hanno fatto seguito alla richiesta avanzata dal Cremlino al governo di Volodymyr Zelensky di estradare tutti i presunti colpevoli di attacchi di matrice terroristica ai danni della Russia, tra cui il capo degli 007 di Kiev Vasyl Malyuk, e all’annuncio della volontà di Mosca di portare Kiev di fronte a imprecisati “tribunali internazionali” per “atti terroristici”. Una vera e propria campagna di propaganda, questa, che ha l’obiettivo di screditare la leadership del Paese invaso e assicurare al presidente Vladimir Putin il continuo supporto degli ultranazionalisti russi favorevoli al conflitto e che, già all’indomani dell’attentato, hanno iniziato a gridare vendetta.
Il dito puntato contro gli 007 occidentali
L’attacco alla Crocus City Hall è stato rivendicato dall’Isis e funzionari dell’intelligence statunitense hanno rivelato di fornito ai servizi di scurezza di Mosca informazioni dettagliate e di aver indicato proprio la sala concerti come un possibile bersaglio per un’azione dei terroristi islamici. Ciononostante, la narrazione ufficiale propugnata dallo zar si è subito focalizzata sull’Ucraina.
Fin dai primi momenti successivi alla strage, fonti del Cremlino hanno dichiarato che il commando era in fuga verso il Paese invaso, dove sarebbero stati accolti come “eroi”. Nei giorni successivi, il direttore dell’Fsb Alexandr Bortnikov ha puntato il dito contro i servizi occidentali, accusandoli di aver “facilitato” l’attentato, e ha affermato che “i servizi segreti ucraini hanno addestrato nazionalisti, mercenari e islamisti in Medio Oriente”.
L'accusa a kiev
Il 25 marzo, il presidente Vladimir Putin ha ammesso che dietro l’attacco vi era una motivazione religiosa, ma ha sottolineato che “a noi interessano i mandanti. Ci interessa sapere chi ne trarrà vantaggio”. Una puntualizzazione, questa, che gioca a favore della sua retorica secondo cui gli ucraini hanno tentato di dividere il popolo russo alimentando tensioni inter-etniche e xenofobe. “Chi ha pianificato l’attacco voleva seminare panico e disordine nella società, ma ha incontrato l'unità e la determinazione a resistere”, ha dichiarato.
Terroristi coi chip per il controllo mentale
Lunedì 1° aprile, inoltre, dalla corte dello zar è arrivato l’ultimo capitolo di questa narrazione che ha incontrato resistenze anche nel “cerchio magico” dei fedelissimi di Putin. L'ex capo dell'ufficio dell'Interpol russo, il maggior generale Vladimir Ovchinsky, ha ipotizzato che nei cervelli dei terroristi fossero stati impiantati chip per il controllo della mente.
La sua teoria si è basata sul confronto tra la freddezza con cui hanno compiuto la strage e le loro reazioni una volta arrestati.
Secondo Ovchinsky, dunque, una schizofrenia tanto evidente può essere spiegata solo con l’utilizzo di sostanze psicotrope o programmazione neuro-psicologica. “Ora la neurobiologia consente il controllo su di una persona”, ha affermato, con un evidente riferimento alla tecnologia Neuralink sviluppata da Elon Musk.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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