Tensioni e violenze interetniche: la paura del Cremlino che spinge sulla "pista ucraina"

Secondo il New York Times il governo di Mosca teme un'escalation di violenze contro le comunità musulmane in Russia e per questo continua a sostenere la responsabilità ucraina nell'attentato alla Crocus City Hall

Tensioni e violenze interetniche: la paura del Cremlino che spinge sulla "pista ucraina"
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Dietro allo sforzo retorico di Vladimir Putin per affibbiare ai servizi segreti di Kiev la responsabilità dell’attentato alla Crocus City Hall vi sarebbe altro oltre al desiderio di unire il popolo contro l’Ucraina e distogliere l’attenzione dal fallimento della sicurezza interna russa. Secondo il New York Times, infatti, al Cremlino è palpabile la preoccupazione per lo scoppio di tensioni e violenze interetniche negli sterminati territori della Federazione e, per questo motivo, il governo di Mosca sta tentando di moderare la risposta retorica all’attentato.

Stando a quanto riportato dal quotidiano statunitense, i timori del governo di Mosca sarebbero fondati. Pare che nella capitale i migranti originari del Tajikistan, Paese di provenienza dei terroristi arrestati, stiano cercando di uscire di casa il meno possibile per paura di espulsioni, coscrizioni o altre forme di rappresaglia. La manager di un’azienda del settore alimentare che dà lavoro a diversi tagiki ha dichiarato al Times che lo stato d’animo in città le ricorda l’inizio degli anni 2000, quando i musulmani provenienti dal Caucaso hanno dovuto affrontare una serie di discriminazioni derivanti da una scia di attentati terroristici e dalle guerre in Cecenia.

Svetlana Gannushkina, che da tempo si occupa della difesa dei diritti umani in Russia, ha riferito al quotidiano americano di aver cercato di aiutare un uomo originario del Tajikistan arrestato martedì 26 marzo, perché “la polizia sta cercando i tagiki”. “Hanno bisogno dei migranti come carne da cannone per l’esercito e come manodopera”, ha aggiunto. “E si concentrano su questo gruppo anche quando devono realizzare il piano di lotta al terrorismo”.

A dispetto di questi episodi, il governo russo sembra essere intenzionato a calmare rapidamente le acque. Il procuratore generale Igor Krasnov ha esplicitamente affermato che le autorità della Federazione stanno ponendo “particolare attenzione” alla prevenzione di “conflitti interetnici e interreligiosi”. Lo stesso Vladimir Putin si è soffermato sull’attentato sottolineando la sua intenzione di impedire a chiunque di “piantare i velenosi semi dell'odio, del panico e della discordia nella nostra società multietnica”. Lo zar si trova però in una posizione difficile.

Sin dall’inizio del conflitto in Ucraina, sui vari canali Telegram dei sostenitori delle operazioni militari contro Kiev vi è stato un aumento vertiginoso della retorica razzista e xenofoba, ora diretta anche contro gli immigrati di fede islamica. Putin dovrà quindi bilanciare attentamene le proprie dichiarazioni per non inimicarsi lo zoccolo duro dei suoi simpatizzanti e, contemporaneamente, evitare esplosioni di violenza contro le minoranze.

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