La Germania sta provando a riprendersi dallo choc dell'attentato terroristico di Solingen, costato la vita a tre persone. L'attentatore, il siriano Issa al Hasan, si trova in carcere e, dopo la rabbia per quanto è accaduto, questo è il momento di riflettere per capire cosa possa essere successo di sbagliato nella catena di sicurezza per permettere l'assalto, che si sarebbe potuto trasformare in una mattanza ancora più grave. Di errori ne sono stati fatti, e non pochi, a partire dall'insistente presenza del siriano in territorio tedesco al sussidio che gli è stato garantito dallo Stato fino al giorno dell'attentato, nonostante l'ordine di deportazione.
Il terrorista affiliato all'Isis ha effettuato il suo primo ingresso in Europa attraverso la Bulgaria, dove è stato registrato una prima volta. In base ai trattati di Dublino, la Germania aveva il diritto di rimandare al Hasan a Sofia ma questo non è accaduto, nonostante la Bulgaria avesse accettato di riprenderselo. Come ricostruisce il quotidiano Bild, a marzo del 2023 il siriano era stato inserito nella lista di un volo in partenza per la Capitale bulgara il 5 giugno successivo. Quando il personale dell'immigrazione è andato a prelevarlo dalla sua abitazione nel comune di Paderborn alle 2.30 del mattino, però, al Hasan non era in casa. Invece di effettuare un secondo, e anche un terzo, tentativo, gli agenti hanno fatto saltare la deportazione.
Una delle ipotesi degli inquirenti è che qualcuno possa averlo avvisato del prelievo coatto e lui sia uscito di casa per evitarlo. Ma testimoni riferiscono che il siriano sia rientrato nell'abitazione quel giorno stesso. Nonostante questo, nessuno è andato nuovamente a bussare alla sua porta. Pare che l'ufficio stranieri incaricato, dopo aver notato che il volo successivo con posti disponibili per Sofia aveva una data successiva alla scadenza dei 6 mesi a disposizione della Germania per la deportazione, abbia rinunciato a fare qualunque altro tentativo. E così al Hasan ha continuato a percepire regolarmente anche il sussidio che lo Stato tedesco prevede per i richiedenti asilo. La sua assenza al domicilio nel giorno della deportazione non ha nemmeno influito sull'importo, che per la Germania è di 368 euro mensili. Avrebbero potuto ridurlo, ma non è stato fatto nemmeno questo.
I media tedeschi ora si chiedono perché non sia stato fatto tutto il possibile. Avrebbero potuto comunque fare un altro tentativo di prelievo, perché non è escluso che si sarebbe liberato un posto su un volo di rimpatrio per la Bulgaria nelle settimane successive. E se nemmeno al secondo tentativo fosse stato trovato al domicilio, sarebbe stato considerato come "in fuga" e in quel caso il periodo per la deportazione si estende da 6 a 18 mesi. Invece non è stato fatto. Dal punto di vista della Germania, questa è stata una gravissima mancanza perché ha permesso di mantenere un potenziale terrorista radicalizzato, che poi ha agito, all'interno dei suoi confini.
Ma uscendo dalla visione regionale e ampliando il punto di vista all'Unione europea, se al Hasan fosse stato deportato dalla Germania sarebbe tornato in Bulgaria, quindi l'Europa avrebbe comunque avuto un terrorista in seno, pronto a colpire ovunque gli fosse concesso. È necessario ragionare in quest'ottica per proteggere la comunità: quanti altri come lui ci sono in ogni Paese, soprattutto in quelli d'ingresso, pronti a colpire?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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