Un reietto in giro per l'Europa: "Perché il killer non fu espulso?"

Nel 2016 una toga di Bologna sospese il fermo di Abdesalem. Adesso è bufera in Belgio: "Bisognava rispedirlo in Tunisia"

Un reietto in giro per l'Europa: "Perché il killer non fu espulso?"
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È a Bologna che la storia di Abdesalem Lassoued incontra una porta girevole e prende la strada che lo porterà a diventare un terrorista, e a uccidere i due tifosi svedesi a Bruxelles. Sotto le Due Torri, il tunisino viene fermato per un controllo a maggio 2016. Nei cinque anni precedenti ha fatto su e giù per l’Europa. Da Lampedusa dove è sbarcato nel 2011 è andato in Norvegia, da lì in Italia (viene fermato a Terni nel 2012), poi ancora in Svezia. A Bologna fa subito richiesta di protezione internazionale, che viene rigettata dopo nemmeno un mese. L’uomo viene spedito nel Cie di Caltanissetta per essere rimpatriato in Tunisia, ma fa ricorso contro il no alla protezione. Il suo fascicolo finisce sul tavolo di Alessandra Villecco, giudice onorario di Bologna, che a ottobre 2016 fissa l’udienza per il ricorso al gennaio successivo. E nel decreto annota, come previsto dalla normativa dell’epoca, che «il provvedimento impugnato è automaticamente sospeso». Un decreto di routine, che però fa sì che Lassoued non venga espulso, non torni a Sfax. Anzi, grazie al ricorso presentato e a quella sospensiva, il futuro terrorista lascia il Cie con in tasca un permesso di soggiorno per «richiesta asilo» valido per tre mesi.
Il ricorso viene respinto, ma Abdesalem ha già lasciato l’Italia per il Belgio.Ed è in odore di radicalizzazione. L’Italia avverte che il tunisino «avrebbe intrapreso un processo di radicalizzazione con la volontà di raggiungere il Daesh per proseguire la jihad», e l’allarme arri va in Belgio insieme al diretto interessato. Ma a Bruxelles l’alert non viene preso molto sul serio, come ha ammesso lo stesso ministro della Giustizia, Vincent Van Quickenborne, secondo il quale segnalazioni di potenziali foreign fighter in quel periodo «erano molto diffuse». E anche se la domanda di asilo presentata anche in Belgio da Lassoued viene respinta, il rimpatrio non va a buon fine. Il Belgio prova a rispedirlo in Italia, ad aprile 2020, ma la «Unità di Dublino» del Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Viminale rifiuta la richiesta di ripresa in carico, segnalando a Bruxelles che l’ultimo permesso di soggiorno rilasciato dal nostro Paese era scaduto da oltre 2 anni, e che da lungo tempo non vi erano riscontri della sua presenza in Italia. Così, ora, il governo del Belgio, mentre rende omaggio alle vittime di Place Sainctelette insieme alle autorità svedesi arrivate a Bruxelles da Stoccolma, si ritrova sotto accusa per non essere riuscito a espellere Lassoued in Tunisia prima che diventasse un terrorista e uccidesse i due tifosi scandinavi. Anche l’Europa, ora, si interroga.

Con la commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson, svedese, che a proposito dell’attentato ha chiarito come «sia chiaro che dobbiamo fare di più contro quelle persone che sono qui, come l’attentatore ora ucciso, da anni con un mandato di rimpatrio». «Dobbiamo aumentare i nostri sforzi per essere in grado di mandare le persone nei loro Paesi d’origine», ha ribadito Johansson, spiegando che il tema sarà oggi sul tavolo del Consiglio Interni a Lussemburgo.

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