da Detroit
Michigan, quarta tappa. Uno dei candidati gioca in casa e in teoria dovrebbe vincere facilmente. È il repubblicano Mitt Romney, mormone e milionario, nato qui e figlio di un ex governatore. Ma il 2008 è un anno diverso, soprattutto per quanto riguarda i repubblicani, e così sul grande lago la contesa è apertissima e almeno due possono vincere. Gli istituti di sondaggio sono divisi sul chi, ma concordi sul testa a testa. La Nbc dà a Romney il 30 per cento e a McCain il 22. Ma un altro proietta invece in testa McCain, 34 a 27. Un terzo, Reuters, conferma entrambi i dati divergenti, e avanza una spiegazione: Romney dovrebbe vincere fra i repubblicani registrati come tali e McCain fra gli indipendenti e probabilmente fra i democratici, la cui primaria ha perso ogni interesse dal momento che vi si presenta un solo candidato, Hillary Clinton, e pertanto è possibile che chi non se la sente di appoggiarla (e ami invece Obama) si sfoghi andando a votare per qualche «ribelle» dellaltra sponda. Romney lo sa, lo teme e mette le mani avanti: «Prevedo una mia vittoria - ha detto -, ma quali che siano i risultati nel Michigan continuerò a battermi perché di Stati in America ce ne sono 50».
Resta il fatto che Romney «deve» vincere nel suo Stato natale, mentre i suoi avversari potrebbero aspettare. Soprattutto McCain, il «risorto» di questa campagna elettorale, il candidato potente di un anno fa dato per spacciato fino a poco più di un mese fa e oggi balzato al comando nelle intenzioni di voto che alla fine contano di più, quelle nazionali, che lo danno in testa con il 28 per cento, seguito da Huckabee con il 20, Romney con il 19 e Giuliani con il 15 (è la «caduta libera» di questultimo a far partire la valanga che investe un po tutti. Nel Michigan Romney ha inoltre altri problemi. Il primo è la forza inaspettata di Huckabee, il Don Camillo battista che ha sorpreso tutti nellIowa, è riuscito a sopravvivere nel New Hampshire e in uno Stato complesso come il Michigan conta su compatte legioni di «evangelici» nelle aree rurali (Detroit è tutto il contrario, ma Detroit è una città compattamente democratica e sugli equilibri interni dei repubblicani pesa poco).
Differente è il caso di unaltra particolarità della politica locale: lo Stato del Michigan ha la più alta concentrazione di americani di origine araba. Dearborn ha la più alta concentrazione di musulmani in una città occidentale dopo Parigi. Vi sorge la seconda moschea costruita negli Usa, vi producono perfino «Razanne», che è la versione musulmana di Barbie con tanto di Corano in miniatura. Gli arabi dAmerica vengono dal Libano, dallIrak, dalla Palestina e hanno lineamenti socio-politici particolari: reddito medio-basso, occupazione operaia nelle grandi case automobilistiche, ma tradizione partitica repubblicana, forse in contrapposizione alla massiccia preferenza degli ebrei per i democratici. Nel 2000 Dearborn votò in massa per George Bush, quattro anni dopo altrettanto compattamente contro di lui, a causa della guerra in Irak.
Ma largomento decisivo, un po in tutto il Paese, ma soprattutto nel Michigan, è leconomia. Questo è lo Stato più danneggiato dalla globalizzazione, con lindustria dellauto in crisi, una disoccupazione doppia rispetto alla media nazionale e adesso anche decine di migliaia di persone che hanno perso la casa per la crisi del credito edilizio. I democratici contano di raccogliere il voto della protesta in novembre, ma nella primaria repubblicana regna lincertezza. McCain dovrebbe giovarsi di uno stato danimo avverso allestablishment, ma, gesto tipico in lui, è venuto proprio qua a dire delle verità amare. Per esempio che «alcuni dei posti di lavoro perduti lo sono per sempre».
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