Arriva in libreria, per i tipi di Adelphi, «Tra le bestie la più feroce è l'uomo» (pagg. 468, euro 24) di Varlam Salamov. Salamov (1907 - 1982) è stato uno scrittore, poeta e giornalista sovietico. Prigioniero politico per lunghi anni, sopravvisse all'esperienza del gulag, che però torna costantemente nei suoi libri. Dopo aver scontato una lunghissima prigionia sotto Stalin ottenne la riabilitazione nel 1956, ma le sue condizioni di salute rimasero compromesse per sempre. La sua opera più famosa sono «I racconti della Kolyma» che iniziò a comporre nel 1953 e che pubblico per la prima volta a Londra nel 1978, in russo. Questa raccolta di Adelphi riunisce pagine in cui Salamov rivive e ci fa vivere l'inferno del lager: l'implacabile freddo siberiano, la fame assillante, l'umiliazione continua dei lavori forzati e delle violenze, e le efferate tecniche messe in atto dal potere sovietico per ridurre i detenuti a «relitti umani». Un resoconto secco, giacché quel che preme a alamov è scandagliare un'«esperienza sottoterra» che, riducendo l'uomo a istinto e spirito di conservazione, ne mette a nudo la natura profonda. Ma le sue rievocazioni ci riportano anche alla Vologda dell'infanzia, dove precoci si manifestano l'amore per la poesia e i libri; alla Mosca degli anni Venti, dove rifulgono le stelle di klovskij, Majakovskij e Bulgakov un «sottobosco luminosissimo» presto «spazzato via dalla scopa di ferro dello Stato»; e da ultimo al tempo della riabilitazione ufficiale, del ritorno a Mosca e dell'inattesa amicizia con Pasternak.
Il percorso di un'intera vita, insomma, che trova il suo fil rouge nell'anelito costante alla letteratura: «Scrivo perché leggendo la mia prosa lontanissima dalla menzogna qualcuno possa fare nella sua vita qualcosa di buono anche in minima parte».
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