Di carteggi, biglietti, diari, epistolari e corrispondenze di Gabriele D'Annunzio (1863-1938) - uno dei "peggiori" grafomani della nostra storia letteraria - si potrebbero riempire interi scaffali di una libreria. Forse solo il Vate ha ancora tanti inediti da rivelare quanti sono i libri che pubblicò in vita. Soltanto negli ultimi due-tre anni sono uscite in volume le lettere all'amante Barbara Leoni, al legionario fiumano Giuseppe Sovera, al conterraneo Filippo De Titta, all'amico Annibale Tenneroni, alla Duse, all'editore Arnoldo Mondadori, alla dama Olga Brunner Levi, all'attrice Sarah Bernhardt, ai coniugi Treves, alla pittrice Tamara de Lempicka... D'Annunzio scriveva sempre, a tutti: amici, amiche, amanti (soprattutto), scrittori, editori, alla cuoca, all'autista, ai vecchi compagni di mille avventure... L'ultimo «lotto» di lettere inedite - che fa la sua prima pubblica apparizione in questi giorni - è quello che riguarda la corrispondenza tra il Vate e Luisa Baccara (Venezia 1891-1985), l'ultima compagna del poeta nell'«esilio» dorato del Vittoriale, donna elegantissima e musicista di talento che aveva deciso di lasciare le scene, per esibirsi al pianoforte, in esclusiva, per il suo amato Gabriele. La loro fu una relazione mentale e carnale: «Buongiorno! Sono rimasto con la delusione di stanotte, e con la maschera misteriosa. Il tuo corpo nudo sotto la seta mi bruciava più che mai. E la carezza terribile mi estenuò ma non mi placò. Attendo la notte prossima, che sarà lunga e breve. Cerco i profumi per la pelle "conciata dal demonio"», scriveva Gabriele D'Annunzio, firmandosi Ariel, il 17 febbraio 1920 alla "sua" donna.
La missiva, che proviene dall'archivio privato della Baccara, fa parte del carteggio di D'Annunzio con l'amante pianista che verrà messo all'asta dalla casa Bloomsbury a Roma, in Palazzo Colonna, martedì 16 giugno, con una stima che oscilla tra i 30.000 e i 55.000 euro. Il vasto insieme comprende tra gli altri documenti: 65 lettere e biglietti autografi della Baccara a D'Annunzio; 35 lettere autografe per telegrammi di D'Annunzio alla Baccara; 11 lettere a matita (non inviate) autografe firmate di D'Annunzio alla Baccara; 3 pagine autografe fitte di correzioni dal «Notturno»; 28 biglietti e buste autografe di D'Annunzio e della Baccara; 7 telegrammi della Baccara a D'Annunzio.
Un vero e proprio tesoro di carta che rivela la Baccara come una donna affascinante, appassionata, che aveva seguito D'Annunzio fin dall'impresa di Fiume, dopo l'amore tempestoso del Vate con Eleonora Duse, e che lo accompagnò fino alla morte vivendo con lui al Vittoriale. Il loro un rapporto forte, per molti aspetti sorprendente: molto spesso fu Luisa Baccara - spesso chiamata dal Vate con lo pseudonimo «Smikra» - a fare da tramite tra il poeta e le sue numerose amanti. Ma soprattutto con lei D'Annunzio rinunciò ai toni enfaticamente lirici che riservò normalmente alle sue amicizie femminili, per aderire a un tono più dimesso e familiare.
Nelle lettere non inviate, scritte a matita, D'Annunzio si fa ancor più sincero e profondo, e recupera memorie del passato ancora vive. Come ad esempio nella missiva datata 16 ottobre 1931: «Cara Smikra, non so dire perché il mio primo romanzo "Il Piacere" tanto imperfetto mi tenga da ieri nel suo fascino giovanile. Ho letto ora il capitolo terzo del libro secondo, con un turbamento profondo. E, in ogni pagina, trovo un segno di me, un ricordo di me, vivo. Io fui Andrea Sperelli, compiutamente. E, nel fondo, nei gusti, nella mutevolezza, nella grazia, nella malinconia, non sono mutato. Me ne addoloro e me ne vergogno, me ne compiaccio e me ne rammarico. A ogni modo, ho l'anima lacera e convulsa; e penso a quel che è diventata Roma, in paragone alla mia Roma vista dalla Trinità de' Monti. È il primo libro d'un giovine scellerato, ma riconosco che è pieno zeppo d'ingegno. Ora ti chiedo un novo servizio».
Particolarmente divertente è la lettera scritta in veneziano nel giorno delle Ceneri del 1930: «Cara la mea Smiccra, me son trovado davante a uno piatto de varie carni - carne bruna de anatra, pastiche de pollo, dorada de vitello - Soro e gero multo melanconico. Legendo la tu letera consiultiva gli ho riduto de cor». A Luisa Baccara, il poeta denuncia i suoi continui malori: «Mia, cara Luisetta, debbo dunque descriverti tutte le mie sofferenze, a una a una, perché tu sii persuasa che sono malato? In queste ultime ventiquattro ore ho sofferto senza tregua, incapace di occuparmi d'altro che del mio patire».
Da parte invece di Luisa Baccara, le oltre 60 lettere vergate in gran parte su carta intestata dal motto «Piegandomi lego» disegnano una parabola sentimentale vissuta con intensità e passione, all'ombra del Vate ma con la forza di una personalità e di un carattere mai dimesso.
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