Tracy Chevalier e l'arte eterna della "Maestra del vetro"

Presentazione a Verona del romanzo "La maestra del vetro", che racconta la fiaba di Orsola Rosso

Tracy Chevalier e l'arte eterna della "Maestra del vetro"
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«Il vetro è difficile da addomesticare» dice Orsola Rosso alla sua mentore, la leggendaria Maria Barovier, maestra del vetro nella Murano del XV secolo. La donna che ha inventato la «rosetta», le perle veneziane in vetro che le nobildonne sfoggiano al collo in giro per le corti, dà qualche consiglio alla giovane Orsola. Le dice che ama il vetro, così ostico e delicato insieme, perché «è un amante imprevedibile», che «segue solo le sue leggi». Lungo i canali dell'isoletta, dove le famiglie dei Barovier e dei Rosso hanno le loro vetrerie, alla fine del '400 le donne stentano a trovare un posto in fornace. E allora una aspirante perlera deve impegnarsi al massimo per farsi accettare, anche se «nel vetro la perfezione non esiste». Esiste invece la bellezza eterna di una materia che diventa arte, dalle parti della Città d'Acqua; e che diventa anche romanzo, grazie a una scrittrice americana che ama la Storia e le storie e che ha una predilezione per Venezia: Tracy Chevalier.

La maestra del vetro (Neri Pozza, come tutti i suoi libri, pagg. 396, euro 20; l'autrice lo presenterà domenica 29 settembre a Verona, al Palazzo della Gran Guardia, ore 15, nell'ambito di Wunderkammer - Fusioni, il primo festival di Neri Pozza) racconta la favola di Orsola Rosso, discendente di una famiglia (immaginaria) di artigiani di Murano che, dopo la morte del capostipite, cerca di risollevare le sorti della produzione di casa, in crisi a causa dell'incompetenza e dell'arroganza del fratello maggiore. Orsola non ha la bravura e la volitività di «Marietta» Barovier, che comanda i suoi garzoni con pugno di ferro e vende le sue creazioni in tutto il mondo (le sue perle sono finite anche su una nave salpata dalle coste iberiche a caccia di una nuova rotta verso le Indie...) ma desidera salvare la sua famiglia e imparare a lavorare quel vetro così meraviglioso e complicato.

Inizia a esercitarsi con il miele, lo gira e lo rigira per ore, protetta dal buio della cucina, dove la sua unica guida è un lume; ma col passare dei giorni, dei mesi, degli anni (e dei secoli, ma non si può svelare il perché), Orsola non si nasconde più: si ritaglia «una fornace tutta per sé» (lavorare il vetro è un'arte come scrivere...) e le sue perle diventano sempre più belle, sempre più vicine a quella perfezione che non esiste. Ma che a Murano sembra così vicina.

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