
Beata gioventù. Giustamente e invidiabilmente in preda a quegli ardori dell'età che ieri mattina li hanno portati di buon'ora a scuola per occuparla e impedire le lezioni. Accesso vietato a professori e studenti al prestigioso liceo scientifico Leonardo da Vinci, per protestare «contro le limitazioni alla libertà di espressione imposte dall'ultimo Consiglio d'Istituto». Che, letta così, sembra una motivazione più che lecita per chiudere i libri da latino e matematica e dedicarsi ad altro. «La nostra decisione - scrivono gli studenti in una nota - nasce in seguito all'istituzione di un gruppo di supporto con il potere di vietare la diffusione di volantini e l'affissione di striscioni, nonché della bocciatura di tre assemblee d'istituto su temi di grande rilevanza sociale». Di fatto qualcosa che assomigliare a un'autorità, quella che deve governare qualsiasi gruppo organizzato di persone, scuola compresa, e magari evitare quella «fantasia al potere» che in altri tempi ha portato altri giovani su pessime strade. E i cui danni si vedono oggi con tutta la loro devastante forza distruttiva. E quindi giusta la rivendicazione dei ragazzi di essere «fuochi da accendere e non vasi da riempire», ma attenzione a non diventare fiammiferi bagnati e recipienti in cui versare la più scontata ideologia corrente.
Perché se gli argomenti delle assemblee negate erano «temi fondamentali come il transfemminismo, la violenza di genere e la tutela dei migranti», forse è più rivoluzionario e incendiario riaprire i libri di latino, matematica. E magari storia e filosofia, dove si impara che organizzare un'assemblea «senza contraddittorio» non è poi così edificante. E nemmeno rivoluzionario.
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