«È certo che i primordi dellarte racchiudono anche quelli dellanima umana» scrive Tristan Tzara nel 1928, in un brano sullarte precolombiana. E già nel 1916, nella Nota 6 sullarte negra, aveva posto laccento su quanto riteneva la parola-chiave nella sua interpretazione: «purezza»: «Laltro mio fratello è ingenuo e buono e ride. Mangia in Africa e negli anelli delle isole oceaniche. Concentra la propria visione sulla testa, la intaglia in legno duro come ferro, pazientemente, e perde il rapporto convenzionale tra la testa e il resto del corpo. Questo è il suo pensiero: luomo cammina eretto, ogni cosa in natura è simmetrica. Mentre lavora, le relazioni nuove si ordinano per gradi di necessità; da questa purezza nacque lespressione».
Con quel suo viso da bambino un peu morbide, laria annoiata di chi la sa lunga, Tzara (al secolo Samuel Rosenstock; Tzara verrà in seguito - da tara, «terra»), ebreo romeno, nato nel 1896 a Moinesti e trasferitosi ventenne a Zurigo, è tra i fondatori del dadaismo, e operante dapprima nel gruppo zurighese (con Marcel Janco, Hugo Ball, Hans Arp), quindi unitosi alle file dei confratelli parigini (che recluteranno il gruppo, a partire dal 1919, tra le file dei surrealisti).
Arte e poesia significavano per Tzara slancio vitale, via privilegiata per raggiungere l«incandescenza del vivere», e discesa nelle profondità della psiche, donde risalire muniti di nuovi strumenti per una conoscenza analogica e intuitiva. E che cosa meglio dei manufatti delle arti primitive avrebbe potuto rafforzare questa sua visione, ampliandola anzi ai diversi campi che in quei primi decenni del secolo si andavano scoprendo?
Precoce collezionista e studioso di arte africana, precolombiana, oceanica, sin dal 17 interviene sul tema in varie riviste (SIC, Cahiers dart, Les Lettres françaises): articoli sino a oggi rimasti inediti, e che compongono ora un volumetto delleditrice Abscondita: Tristan Tzara, Scoperta delle arti cosiddette primitive, a cura di Viviana Birolli (pagg. 77, euro 11).
Alcune canzoni tribali erano già entrate a far parte di sue liriche (i Poèmes nègres, pubblicati postumi), a sottolineare la radice originaria del far poesia: lorigine stessa delluomo, ai suoi primissimi albori. Va da sé che la sua difesa delle arti cosiddette primitive è strenua e assoluta: contro chi le ritiene prodotti elementari di popoli non ancora sfiorati dalla civiltà: guastatrice, invece, della loro divina, irripetibile «spontaneità».
Attivo organizzatore di eventi (pensiamo in primo luogo alle serate dadaiste al Cabaret Voltaire di Zurigo, il bruitisme e i poemi simultanei - LAmiral cherche une maison à louer -, e la proclamazione dei vari manifesti dadaisti - Manifeste de Monsieur Antipyrine, del 1916; fino allapertura, nel 17, della Galerie Dada, dove invitò, tra gli altri, de Chirico e Ernst, Kandinskij, Kokoschka, Modigliani), Tristan Tzara non manca di esporre i numerosi pezzi della sua collezione - e di quelle degli amici Matisse, Derain, Picasso, che sempre più imparavano ad apprezzare le arti africane. In particolare resta famosa la mostra presso la Galerie Pigalle, a Parigi, nel 1930.
Così, nel brano del 1951 apparso in Lart océanien, sa présence, lautore analizza ciò che era stata limportanza di questi oggetti, la loro essenzialità, per le nuove generazioni di artisti; per i quali il cubismo e le sue «troppo dotte ricerche plastiche» erano già una forzatura, rispetto alle esperienze «altre» rappresentate dalle arti africana e oceanica, «unesperienza interamente tesa a radicarsi sul terreno stesso della vita. La creazione artistica sidentificava con il funzionamento del pensiero immaginativo, poiché lunico scopo dellopera darte consisteva nellapprofondire il meccanismo. \ Si trattava per dada di ritrovare, nelle profondità della coscienza, le sorgenti esaltanti della funzione poetica».
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