«Troppa politica a Hollywood E Penn mi ha fregato l’Oscar»

«Troppa politica a Hollywood E Penn mi ha fregato l’Oscar»

da Los Angeles

Il film Immortals, che uscirà l’11 novembre, è un fumettone para-mitologico iperviolento sulla falsariga di 300 diretto da Tarsem Singh con un’estetica al limite del kitsch - anche se, secondo il regista, ispirata dal Caravaggio - e con connotazioni omoerotiche non si sa se volute. È la storia di Teseo, un mortale scelto da Zeus per salvare la Grecia dal feroce re Hyperion. E come 300, Immortals è una passerella di giovani attori dal fisico pompato. Henry Cavill, il prossimo Superman, è Teseo; Luke Evans, che sarà in The Hobbit di Peter Jackson, è Zeus; e in campo femminile Isabel Lucas è Atena, Freida Pinto è l’oracolo Fedra. A terrorizzare tutti ci pensa Mickey Rourke, un re assatanato di potere. Ecco cosa ci ha detto.
Come mai ha deciso di interpretare un ruolo di questo tipo?
«Perché erano solo otto giorni di lavoro e perché sono stato sedotto dall’immaginazione di Tarsem. Ho pensato che solo un tipo come lui poteva rendere giustizia a una storia del genere».
Lei deve ricevere molte offerte: come sceglie i suoi film?
«Alcuni si fanno per i soldi e altri per la gloria. Sono una vera puttana. È un po’ come nella vita: non sempre puoi portarti a letto la top model, a volte devi scoparti anche la cicciona».
E allora mi dica quale progetto vuole fare prossimamente per la gloria.
«Ho appena finito di scrivere un copione basato sulla vita di Gareth Thomas, l’ex capitano della squadra di rugby del Galles che è stato il primo atleta di grido ad essersi dichiarato gay nel corso della sua carriera, e proprio in quello che è lo sport più macho e violento dopo la boxe. Secondo me ha avuto delle palle enormi a rendere pubblica la verità dopo vent’anni di menzogne. Se pensiamo alle tre-quattro superstar di Hollywood che sono omosessuali e non lo ammettono perché hanno paura di rovinarsi la carriera… Hai una sola vita, non cercare di viverla come se fossi qualcun altro! Sarà il miglior film della mia carriera. Le riprese sono previste per aprile, quando avrò fatto dieci mesi di allenamento e tre o quattro per imparare l’accento, che non è il mio forte».
Mi permetta, ma alla sua età e dopo un film fisicamente duro come The Wrestler ha ancora voglia di cose del genere?
«Adoro lo sport, e sono sempre stato più a mio agio nel mondo dello sport che non in quello del cinema. Mi piace avere una certa disciplina e vado più d’accordo con gli allenatori che non con gli altri attori. Lo vede quel brutto bestione lì? (e indica Daniel Druker, ex pugile, sua guardia del corpo, allenatore e angelo custode in questi anni, ndr). Vive con me e mi tiene sotto controllo: mi toglie il pane dall’hamburger, la birra dal frigo, mi butta via le patatine fritte, mi fa sudare. Mi lascia ancora le puttane e quattro sigarette al giorno, ma fra un po’ nemmeno quelle».
Lei ha conosciuto il successo, è caduto in basso fino ad essere considerato un paria, e poi ha ritrovato la gloria. Ha un approccio diverso in questa nuova fase della sua carriera?
«Cerco di non rifare gli errori del passato, grazie ai quali sono stato disoccupato per anni. La mia carriera è iniziata negli anni ’80 ed è finita negli anni ’90. Ho avuto oltre un decennio per pensare ai miei errori, e mi sono reso conto che questo è un business politico, non una forma d’arte come credevo quando studiavo all’Actors Studio, e che non puoi dire “vaff…” a tutti anche se se lo meritano. A superare il periodo duro, in cui vivevo da solo in una stanza d’affitto, mi hanno aiutato il mio psichiatra, la fede e il fatto di riconoscere le mie responsabilità».
Quali sono gli altri vantaggi di questa sua ritrovata maturità?
«Non c’è nessun vantaggio a invecchiare, me ne fotto di quello che dicono i buddisti. Non mi piace il decadimento fisico, è deprimente. Crolla tutto, diventi più vecchio, più lento, più debole. È meglio essere giovane, veloce e forte. Ma sono felice della vita che ho adesso».
Le capita mai di dare dei consigli ad attori più giovani?
«Una volta ho dato consigli a Matt Damon, ma chiaramente non ne aveva bisogno. E ho cercato di aiutare Brad Renfro, ma purtroppo non ha funzionato, è morto di overdose. Voleva smettere di drogarsi e gli avevo proposto di venire a vivere da me, di andare in palestra assieme.

Non ce l’ha fatta, forse non sono la persona adatta a dare consigli, e in realtà ognuno deve trovare la forza di tirarsi assieme da solo».
Le piacerebbe vincere un Oscar?
«Ma ce l’ho già l’Oscar, per The Wrestler, anche se tecnicamente è a casa di Sean Penn che vinse con Milk! Io la vedo così, e anche sua mamma mi dà ragione».

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