Boom di ascolti, gag virali e tanta sana comicità: “GialappaShow” è ciò che ci mancava. Il ritorno dei Gialappi – non più tre ma solo due, Marco Santin e Giorgio Gherarducci – è stato accolto in maniera straordinaria dagli spettatori anche grazie all'immarcescibile alchimia con il Mago Forest: incontenibile e caustico, un alfiere della scorrettezza nell’epoca dominata dall’esasperato politically correct. Le prime due puntate del programma prodotto da Banijay Italia - in onda ogni domenica, alle ore 21:30, in prima visione assoluta, su TV8 e Sky Uno - hanno regalato dei momenti cult, ma il meglio deve ancora venire. Una cosa è sicura, nessuno proverà a limitare la satira per paura di critiche feroci: "Lasciano il tempo che trovano, ma poi sinceramente non me ne frega niente", ci racconta il Mago Forest.
Un ritorno in grande stile…
"Io nasco come ammiratore dei Gialappi, facevo dei gruppi d’ascolto in casa e ci divertivamo. Poi abbiamo lavorato insieme ed è durata venti anni: siamo amici, ci vediamo sempre. Per me lavorare con la Gialappa's Band è così un piacere che non mi sembra di lavorare: è come essere al bar a giocare ma con le telecamere. Viene tutto facile, auguro a tutti i comici di poter lavorare con la Gialappa’s Band".
Volevo chiederle quanto le erano mancati i Gialappi, ma ha già risposto…
"Perché sono un mago, avevo previsto tutto. A parte gli scherzi, siamo contenti: siamo avvolti dall’affetto dei fan. Tornare con questo marchio di fabbrica della Gialappa’s Band con dei comici nuovi non era facile, ma per il momento pare che la gente stia apprezzando".
Si aspettava questo riscontro?
“Tutti diamo il massimo per fare bene il nostro lavoro. Noi comici siamo sempre sotto giudizio degli altri: devi fare ridere e non è semplice. Tutti lavorano per funzionare, ma l’unico giudice è il pubblico ed è sempre un grande punto interrogativo. Noi ce l’abbiamo messa tutta, abbiamo avuto una buona dose di culo (ride, ndr)”.
Nel cast tanti attesi ritorni ma anche molti volti nuovi. C’è qualcuno che l’ha colpita?
"Io avevo già lavorato con tutti quanti tranne che con Toni Bonji e con Valentina Barbieri. Non li conoscevo di persona e devo dire che mi hanno sorpreso: Bonji lo vedevo a ‘Quelli che il calcio’ e mi piaceva moltissimo, si sta confermando anche qui. Valentina è giovanissima, io non frequento i social ma so che lei fai ‘i numeri’. La Gialappa’s Band ha fatto bene a darle fiducia perché solo così si può crescere. Secondo me lei ha un grandissimo potenziale. Ricordo quando con la Gialappa’s Band debuttarono Virginia Raffaele, Paola Cortellesi, Lucia Ocone… L’importante è che i miei colleghi non facciano ridere più di me, c’è un diktat: nessuno deve permettersi perché altrimenti divento una bestia (ride ancora, ndr)".
Quanto è difficile realizzare un programma come “GialappaShow” nell’epoca del politicamente corretto, tra il rischio di querele e shitstorm?
“Noi ne abbiamo sempre parlato e siamo sempre stati d’accordo: se una battuta fa ridere, la diremo anche se è scorretta. Ci è già capitato di dover fronteggiare shitstorm che lasciano il tempo che trovano, ma poi sinceramente non me ne frega niente. Capitolo denunce: non conosco nessun comico che ha mai dovuto pagare qualcosa per una battuta. Se fai un’offesa personale è giusto essere puniti, ma se fai una battuta scorretta è sempre una battuta: in Italia c’è il diritto alla satira. Certo, con la Gialappa’s Band abbiamo affrontato delle querele preventive da parte di alcuni politici. E se un politico ha paura di un comico diventa una cosa ridicola. Ma è vero, questo momento è un po’ così: viene contesta la black face, il principe non può baciare Biancaneve perché non è consensuale. Secondo me si può scherzare su tutto, dipende dal contesto: se dicessi certe cose seriamente al Tg1… Ops, ho fatto l’esempio sbagliato”.
C’è stata una battuta che le ha causato particolari problemi?
"Una volta ho fatto una battuta al Festival di Sanremo sui trans: ho parlato di una roulette russa con cinque trans e una donna vera, con il perdente sfigato che si sarebbe cuccato la donna vera. Per me era anche una battuta a favore dei trans, ma in realtà le associazioni si sono incavolate perché avevo utilizzato il termine ‘donna vera’. Con il politicamente corretto si è diviso il mondo in categorie e ognuno tende a difendere ad oltranza la propria categoria, diventando una parodia a sua volta. Un po’ di rilassamento non farebbe male: è solo cabaret. Ma non mi sono mai pentito di aver fatto quella battuta a Sanremo, mi è successo anche altre volte: spesso si dà voce a qualcuno sul web e i pecoroni gli vanno dietro. Ma è una bolla, una tendenza. Una volta sono stato criticato per aver ironizzato con il generale Figliuolo sulle nostre due città, Enna e Potenza".
Ripensando alla sua carriera, qual è lo zenit?
"Io ho avuto una fortuna sfacciata. Studio e mi preparo, ma sono stato anche fortunato: ho iniziato in tv con Renzo Arbore, poi Zelig, la Gialappa’s Band, Fazio, ora ancora i Gialappi. Le cose mi sono sempre andate molto bene. Se devo proprio scegliere, scelgo il momento in cui ho incontrato Arbore: ero un ragazzino, ho fatto il provino e ho iniziato con lui a ‘Indietro tutta’. Poi Renzo è una persona meravigliosa. Diciamo che ho avuto una bella botta di culo a iniziare in quel modo".
C’è invece qualche rimpianto?
"Le cose vanno come devono andare. Diciamo di no, mi è andata bene.
Mi piace amare le cose che ho già. E non è poco: i miei genitori erano contadini in una profonda provincia di Enna. A me sarebbe piaciuto lavorare anche solo dietro le quinte, invece faccio ciò che amo: va benissimo così".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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