Caro Andrea,
io credo che la maniera di abbigliarsi sia anche una maniera di esprimersi e ritengo che Cristiano Malgioglio, che ha un'anima spiccatamente artistica, comunichi mediante il suo abbigliamento la sua personalità eccentrica, eclettica, colorata. Certo è che io non me ne andrei mai in giro conciato in quel modo né mai consiglierei a qualcuno di adottare lo stile malgiogliano. Prediligo la sobrietà, il rigore, sebbene anche io abbia adottato da decenni ormai alcuni elementi vezzosi, che completano e rendono ancora più personale il mio modo di vestire. Non lo faccio per apparire, per farmi notare, per non passare inosservato e nemmeno per vanità. Semplicemente mi sento a mio agio curando il dettaglio, trasformandolo in qualcosa di mio, di unico, di caratteristico. Del resto, non mi è mai piaciuto fare parte della massa, inseguire le mode, comprare un capo poiché firmato, ostentare il marchio. Presto più attenzione alla qualità, dedico una cura particolare alla scelta delle calzature, mi piace adoperare le spille al posto del classico fermacravatta, adoro la sartoria napoletana, la migliore al mondo. L'eleganza non è perfezione. Essa deve sembrare naturale, non risultare forzata, costruita, non deve costare fatica, altrimenti perde valore, diviene qualcosa di omologato e artefatto.
C'è gente che, tuttavia, si agghinda in un determinato modo soltanto per spiccare. Penso, ad esempio, ad una donna eccessivamente scoperta. Io non ho mai amato le minigonne, gradisco di più l'immagine di una signora con una gonna rigorosa, magari al ginocchio o più sotto. I tacchi non dovrebbero sembrare trampoli, quindi, tanto più se la statura è modesta, andrebbero evitate le calzature da 12 centimetri. Sia per lui che per lei metterei al bando i jeans strappati. In generale, anche quando non logorato, questo capo non mi piace affatto, quantunque sia sempre in voga sia tra i giovanissimi che tra i meno giovani. Cruciale è l'accostamento dei colori, anche in questo caso è necessario il buongusto, che è innato, ma che si può apprendere con il tempo. Le scarpe devono essere pulite. Le camicie perfettamente stirate.
In ufficio andrebbe assolutamente vietato lo stile da spiaggia. In città andrebbero poste al bando le infradito, persino nel mese di agosto. Camminare sull'asfalto e sul cemento non ha nulla di paragonabile al camminare sulla sabbia, dunque perché mai dovremmo usare le medesime calzature?
Rispondo specificatamente alla tua domanda. Mi chiedi se oramai in televisione non sia il trionfo dell'apparire, che avrebbe preso il sopravvento sull'essere. Caro Andrea, accade solamente in tv? Non mi pare. Frequento i social network per ragioni professionali più che ludiche e posso affermare che si tratta di luoghi, anche se virtuali, in cui domina l'immagine, una immagine alterata, sempre meno realistica, modificata, non autentica. Diciamo pure, finta. L'essere io non lo vedo, non lo trovo. Ma dove diavolo sta? All'esigenza di omologarsi nel vestiario si aggiunge l'esigenza di omologarsi al pensiero unico, per lo stesso motivo: piacere, essere accettati, non venire esclusi. Quindi si finisce tutti con il vestire allo stesso modo e con il pensare le medesime cose, ovvero con l'esternare le stesse opinioni, politicamente corrette.
Manca l'originalità, cioè il carattere. Ecco la ragione per la quale non giudico né critico Malgioglio. Almeno lui con la sua estrosità riflette la sua personalità in modo del tutto originale. Un appunto: un omosessuale non dovrebbe mai sentirsi obbligato, in virtù del suo orientamento, a vestire in modo pacchiano.
Eccesso e omosessualità non devono per forza coincidere, eppure noto che molti omosessuali scivolano in questo errore, scelgono di farsi caricatura, di adeguarsi ad un cliché. Ai froci direi: siate più liberi di essere chi siete.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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