Uccisa in bici: ecco le colpe del Comune

Per il Pm è omicidio stradale perché mancava un semaforo dedicato alle due ruote

Uccisa in bici: ecco le colpe del Comune
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Se in piazzale Loreto ci fosse stato un semaforo dedicato alle biciclette, probabilmente Veronica D'Incà sarebbe ancora viva. Ma il semaforo non c'era, e l'1 febbraio 2023 un camion che arrivava da viale Monza stritolò la donna in sella alla sua bici. Per questo, per quella mancanza, la procura della Repubblica vuole portare a processo l'ex assessore alla Mobilità Marco Granelli (oggi assessore alla Sicurezza) e il capo settore Stefano Riazzola, insieme al guidatore del mezzo e al titolare della ditta. L'accusa per tutti è di omicidio stradale.

L'avviso di conclusione delle indagini è stato firmato dal pm Barbara Benzi due giorni dopo Natale, e per Granelli costituisce il secondo procedimento penale, dopo quello per la morte - dalla dinamica quasi uguale - della ciclista Cristina Scozia, investita da una betoniera il 20 aprile dello stesso anno davanti alla Biblioteca Sormani. A risultare fatale alla Scozia fu il famigerato angolo cieco, la zona posteriore del veicolo non coperta dallo specchietto retrovisore.

Anche nel caso di piazzale Loreto, le indagini della polizia locale hanno individuato le cause della tragedia in un concorso di colpe che investe anche l'amministrazione comunale. Granelli e Riazzola sono sotto accusa in quanto «firmatari dell'ordinanza dell'11.9.2020 di istituzione di pista ciclabile e altre modifiche funzionali alla riorganizzazione stradale di piazzale Loreto». La loro colpa, secondo il pm, è «non aver adeguatamente progettato e realizzato la regolazione semaforica posta all'intersezione tra piazzale Loreto e via Andrea Doria mediante la collocazione di lanterne semaforiche specifiche per velocipedi e/o, comunque, lanterne semaforiche specializzate per direttrici di marcia (diritto/svolta a destra) e tipologie di utenti (traffico veicolare/traffico ciclabile), cautela idonea ad evitare confusione negli utenti della strada la cui mancanza, invece, concorreva a incrementare il pericolo - concretizzatosi nel caso di specie - di collusioni tra veicoli a motore e biciclette». Il camion, dicono le indagini, svoltò a destra come il semaforo lo autorizzava a fare, e agganciò e travolse la bici della signora D'Incà. Ma l'autista non è privo di colpe, «essendo stata accertata all'interno dell'abitacolo la presenza di tendine parasole che limitavano il campo visivo», e avendo «parzialmente ostruito la visibilità del parabrezza posizionando numerosi oggetti quali rotolo di scottex, bandierina, fogli, materiale vario sul cruscotto».

Il titolare della ditta di trasporti è chiamato in causa per «non aver equipaggiato l'autocarro del dispositivo di segnalazione visiva (specchietto) anteriore di classe VI, previsto nella configurazione di fabbrica del veicolo». Ora Granelli potrà presentare al pm gli argomenti a sua discolpa come per la morte di Cristina Scozia, per la quale il suo legale Franco Rossi Galante ha preannunciato alla Procura il deposito di una memoria difensiva.

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