Gli ultrà turchi contano i nemici «13.500 traditori da eliminare»

Un gruppo nazionalista vuol ripulire il Paese con una lista di proscrizione E l’indagine su don Santoro rivela: «L’omicida non è un pazzo isolato»

Gli ultrà turchi contano i nemici «13.500 traditori da eliminare»

da Istanbul

In Turchia mancavano solo le liste di proscrizione e formazioni politiche nuove per aumentare la tensione, che dopo le ultime rivelazioni sull’omicidio del giornalista armeno Hrant Dink è alle stelle.
Un nuovo gruppo politico, chiamato Kuvayi Milliye, che significa «forze nazionali» ha fatto sapere che punirà tutti i traditori dello Stato turco, per la precisione tutti quelli dall’11 novembre 1938, giorno successivo alla morte del Padre della Patria Mustafa Kemal Atatürk, a oggi. E per capire che non stanno scherzando hanno compilato un elenco con su ben 13.500 nominativi, non solo persone, ma anche istituzioni. Il gruppo è stato fondato nel novembre scorso a Mersin, città sulla costa mediterranea della Turchia, nell’Est del Paese. Si tratta di un gruppo ultranazionalista, che fonda la sua ideologia su basi etniche e ha come obiettivo difendere la «purezza del sangue turco».
«Coloro che hanno tradito la Turchia dovranno renderne conto. La patria sarà sicuramente protetta e questa nazione vivrà fino all’eternità» ha dichiarato il capo del movimento Fikri Karadag. Parole che sulle prime potrebbero fare sorridere e che sembrano più le esternazioni di un invasato. Non fosse che Fikri Karadag è un colonnello in pensione dal passato troppo torbido per non fare paura e che prima dell’estate scorsa era tornato agli onori delle cronache per i suoi legami con Muzaffer Tekin, ex capitano dell’esercito, inizialmente coinvolto nelle indagini per l’omicidio di Mustafa Yücel Özbilgin, il giudice del Consiglio di Stato, ucciso per mano di un avvocato fanatico lo scorso 17 maggio.
Personaggi poco chiari che fanno rivivere gli spettri dell’incidente di Susurluk del 1996, quando furono trovati sulla stessa auto l’allora direttore della scuola di polizia, il capomafia Abdullah Catli e l’allora deputato del partito al governo, il Dyp, Sedat Bucak. L’episodio fece scalpore, perché scoperchiò i rapporti fra servizi segreti deviati, elementi ultranazionalisti, alti burocrati in combutta con capimafia. Un movimento, che in Turchia è nota con il nome di «Stato Profondo» e del quale fanno parte anche ultra kemalisti, che hanno distorto i principi del pensiero di Atatürk. Proprio come i militanti del Kuvayi Milliye. Cemal Canay, capo della sezione di Mersin, ha dichiarato al quotidiano, di orientamento islamico Yeni Shafak: «La legge sul tradimento della Patria è stata abrogata. Noi vogliamo farla tornare in vigore. Non è giusto che se uno tradisce la patria vada in giro senza problemi».
Intanto a Trebisonda proseguono le indagini per chiarire i legami fra l’assassinio di Hrant Dink e quello di don Andrea Santoro. Yasin Hayal, «mente» dei due omicidi ha detto essere stato contattato addirittura dal Mit, il servizio segreto civile turco e di aver ricevuto soldi dal segretario del Bbp, partito ultranazionalista. Ouzan Adkil, il killer del prete italiano, è sotto torchio da parte dell’autorità giudiziaria. Che a Trebisonda operi una cellula di giovani esaltati opportunamente manovrati da alte sfere ormai è certo. Una testimonianza di Akdil sarebbe vitale per il proseguimento dell’inchiesta. Per questo Fatih Genç, pubblico ministero di Trebisonda, negli ultimi giorni lo ha incontrato ben due volte.

Stando a quanto pubblicato ieri sulla prima pagina del quotidiano Milliyet, sembra che, durante questi interrogatori, abbia promesso all’assassino uno sconto sulla pena se collaborerà con la giustizia. Offerta che, fino a questo momento, Ouzan Akdil avrebbe rifiutato continuando a nascondere il suo segreto ormai da oltre un anno.

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