Umido, carta e vetro. Sono i campioni del riciclaggio. Da soli i tre settori rappresentano l'84,6% del totale dei rifiuti riciclati in Italia. L'umido rappresenta oltre il 43%, seguono carta e cartone (25,2%) e vetro(16,2%). A grande distanza vengono il legno (5,2% del totale riciclato) e la plastica (4,6%). Un capitolo a parte è rappresentato dagli imballaggi. Secondo il Conai, il Consorzio che se ne occupa e di cui fanno parte le imprese produttrici, nel 2020 la quantità di imballaggi avviati a riciclo è stata pari a 9,5 milioni di tonnellate. La percentuale rispetto a quelli immessi sul circuito commerciale è pari al 73%, con un aumento del 3,5% rispetto all'anno precedente. I materiali più riciclati, rispetto alle quantità messe in commercio, sono carta (87% di quanto immesso sul mercato), acciaio (80%) e vetro (78,6).
Per quanto riguarda gli impianti per il trattamento, i più numerosi, in tutto quasi 300 e come in tutti gli altri casi più diffusi nel Nord, sono quelli per il compostaggio. Quest'ultimo processo è la decomposizione biologica naturale del rifiuto e il materiale che se ne deriva, il compost, viene di solito utilizzato in agricoltura come fertilizzante.
Gli impianti di trattamento meccanico-biologico sono invece quelli dove i rifiuti indifferenziati vengono trattati prima di trovare loro una destinazione definitiva. Prima di tutto viene separata la frazione umida da quella secca: la prima viene sottoposta ad un ulteriore lavorazione e poi inviata in discarica. La parte secca viene recuperata (se emergono materiali riciclabili) o avviata all'incenerimento.
I temi più caldi sono però quelli legati a inceneritori e discariche. Per i motivi opposti: i primi sono troppo pochi, le ultime sono troppe, visto che la politica dell'Unione Europea le considera ormai una possibilità del tutto residuale.
Da questo punto di vista l'Italia è tradizionalmente in ritardo, sia per quanto riguarda la riduzione dei siti, sia per quanto riguarda la loro messa a norma. Nel corso degli anni la Penisola ha raccolto quasi 300 milioni di euro in multe per non essersi adeguata a tempo alle norme comunitarie.
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