Unabomber, prove alterate ma Zornitta è indagato

Il pezzetto di metallo non sarebbe stato manomesso di proposito

Unabomber, prove alterate ma Zornitta è indagato

da Milano

Elvo Zornitta, il presunto Unabomber, ancora non lascia il palcoscenico allo psicolabile che da 12 anni insanguina il Veneto con ordigni in chiese e supermercati. Complice l’ingorgo e la confusione della giustizia, l’incertezza degli esami. Così tra perizie, controperizie, super esperti, incidenti probatori e guerre a colpi di memoriali il Tribunale di Trieste assurge ancora a tempio dell’incertezza. Nemmeno la terza e ultima udienza dell’incidente probatorio sulla manipolazione del lamierino, la cosiddetta prova regina che doveva incastrare Zornitta e che sembra invece esser stata costruita da un consulente della Procura, appiana i dubbi. Anzi.
A questo punto non si sa se il lamierino ritrovato nella chiesa di Sant’Agnese a Portogruaro nel 2004, usato dal vero Unabomber, finì mai nelle mani del povero ingegner Zornitta di Azzano Decimo. O se qualcuno lo ridusse di qualche centesimo di millimetri con le forbici ritrovate poi a casa dell’ingegnere. Nemmeno il perito Alessio Plebe, docente di informatica a Messina, individuato con una mossa che doveva essere conclusiva dal gip Enzo Truncellito, una sorta quindi di demiurgo nelle ricostruzioni tridimensionali, mette la parola fine a questa tragicommedia. Alle 21 ricapitola o capitola il pm Pietro Montrone: «L’accusa - scrive in un comunicato - ha illustrato le proprie ulteriori perplessità sul metodo di valutazione statistico adottato da Plebe, ritenendolo non del tutto adeguato al puntale apprezzamento di modifiche di entità così limitata, quale quella accertata sul bordo del lato B del lamierino. Restano dunque limitatamente alla perizia Plebe le iniziali difformità tra le conclusioni del ct del pm (e della difesa) e quelle dei periti del gip, in particolare sull’estensione dell’accertata modifica del bordo del lamierino e sulla causa della stessa. Gli atti sono stati restituiti al pm per le valutazioni di competenza, ovvero per la prosecuzione delle indagini preliminari, la cui conclusione non appare immediata, attesa l'evidente esigenza di un attento e approfondito riesame della complessa e delicata posizione indiziaria dello Zornitta, anche alla luce degli esiti dell’incidente probatorio».
Tradotto, significa appunto che non sono colmate le discrasie tra la tesi della manipolazione sostenuta dalla difesa di Zornitta e dai Ris e quella di alterazione, magari non volontaria, introdotta da Plebe. Ergo, Zornitta resta indagato. E si riparte daccapo.
Ostenta o mostra tranquillità il suo difensore, l’avvocato Maurizio Paniz: «Addirittura - spiega - c’è stata una conferma più significativa in chiave difensiva, perché i Ris hanno individuato alcune altre fotografie scattate nel momento in cui il lamierino è entrato in possesso del Lic di Mestre il 14 marzo 2006. In queste fotografie si identifica che il lamierino era ancora in posizione originale, mentre a metà maggio non era più in posizione originale». Da parte sua, Zornitta non significa apprensione: «Sono in Toscana soprattutto per i miei familiari, mia moglie e mia figlia - spiega al Tg1 -, perché mi sono accorto che ogni volta che io ero a Trieste, loro soffrivano due volte quello che soffrivo io. È certamente molto peggio essere a casa e aspettare dei risultati piuttosto che essere là e poterli vedere». Ma quando finirà? «Mi sento tranquillo come e più di come mi sono sentito adesso e nei mesi passati.

Gli inquirenti hanno continuato e continuano a dire che hanno molte prove a mio carico, va bene, se le hanno che le tirino fuori, io sono pronto a disponibile a collaborare». L’ultimo pensiero è rivolto al vero Unabomber: «Gli direi arrenditi e finalmente costituisciti».
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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