Becciu, chi era costui? Un libro sull’ex Sostituto alla Segreteria di Stato accende un faro

Il «Dizionario del caso Becciu» di Mario Nanni è un vademecum indispensabile per aggirarsi nei corridoi della Santa Sede a caccia di tutti i personaggi che hanno contribuito a far condannare un cardinale dopo un processo mediatico e una gogna anticipata

Becciu, chi era costui? Un libro sull’ex Sostituto alla Segreteria di Stato accende un faro
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Becciu, chi era costui? Uno spregiudicato alto prelato di 76 anni che ha ingannato il Papa, condannato per questo a cinque anni e sei mesi? Un servitore di Dio di origine sarda accusato di aver saccheggiato le casse vaticane senza essersi messo in tasca una lira? Un uomo «mostrificato» dai giornali che custodisce importanti segreti vaticani e che sarebbe pronto a rivelarli, come vorrebbero i suoi accusatori come la «Papessa» di Vatileaks Francesca Chaouqui?

C’è un libro sul processo all’ex Sostituto alla Segreteria di Stato - di cui si è occupato nei giorni scorsi anche Vittorio Feltri (link) - che spiega molte cose. Il «Dizionario del caso Becciu» (Media&Books, 234 pagine) di Mario Nanni, giornalista parlamentare già capo del Politico dell’Ansa e capo redattore centrale, oggi direttore di www.beemagazine.it è un vademecum indispensabile per aggirarsi nei corridoi della Santa Sede a caccia di tutti i personaggi che hanno contribuito a far condannare un cardinale dopo un processo mediatico e una gogna anticipata - che in molti hanno paragonato a quello contro Enzo Tortora (che almeno è stato assolto) o, peggio ancora, al caso di Alfred Dreyfus denunciato da Emile Zola - con metodi non sempre leciti né trasparenti come alcune intercettazioni un po’ troppo disinvolte decise da un Bergoglio, che ne emerge come «un potere sovrano assoluto, che ad alcuni studiosi ha fatto paventare un ritorno alla figura del Papa re, con l’accentuazione del potere temporale, in controtendenza con il Concilio ecumenico vaticano II».

Tutto ruota intorno ai quattro cambi in corsa delle regole processuali (alla faccia del «giusto processo») decisi da altrettanti «rescripta» papali mentre si svolgeva il giudizio, impregnati dell’odore nauseabondo della sentenza già scritta. Ricordiamo le accuse contro un principe della Chiesa che l’hanno fatto cadere in disgrazia: avrebbe rubato i soldi delle elemosine per arricchire i suoi fratelli attraverso la Caritas di Ozieri, 100mila euro che sono ancora su un conto corrente, avrebbe danneggiato il Vaticano con una speculazione immobiliare (peraltro autorizzata da altri), gli si attribuisce troppa «familiarità» con Cecilia Marogna, che avrebbe ricevuto soldi dal Vaticano per liberare una suora (cosa successa) salvo trattenerne una parte per sue spese voluttuarie.

La condanna sembrava già scritta dal settimanale «l’Espresso», dietro le presunte prove si sarebbe mosso un sottobosco di agenti segreti, finti preti e faccendieri, con il solito superpentito che la fa franca consegnando Becciu, fino al potente Promotore per la giustizia Alessandro Diddi, il novello Torquemada già avvocato di Mafia Capitale e controparte di Giuseppe Pignatone da procuratore capo di Roma, che oggi è il presidente del Tribunale vaticano. Sia chi l’ha portato alla sbarra (senza conoscere troppo bene il codice d’Oltretevere), sia chi l’ha condannato sono stati promossi al rango delle più alte gerarchie vaticane l’anno scorso «motu proprio» da Francesco (link) a distanza di pochi giorni dal verdetto che ha inchiodato Becciu, definendolo (Diddi dixit) una «brutta persona» in uno dei (troppi) duelli verbali andati in scena a processo.

Ogni capitolo del libro è come un puzzle da ricostruire, come la sceneggiatura alla Tarantino in cui si va avanti e indietro nella narrazione, raccontata con lo stesso ritmo di un romanzo stile «Angeli e Demoni». E si che gli ingredienti non mancano: incontri sospetti, email segrete, il vile denaro che rimbalza dall’Africa a Londra passando per Roma attraverso broker che ricordano Gordon Gekko, uomini d’affari che spostano milioni come dei giocatori d’azzardo, fino a personaggi come Francesca Immacolata Chaouqui, l’unica donna mai condannata dallo stesso Tribunale vaticano, che sarebbe stata l’ispiratrice di un vero e proprio complotto. «Ascoltata dal Tribunale, non solo non ha smentito, ma se n’è quasi gloriata», scrive Nanni. E nonostante le accuse a Becciu di peculato e distrazione di fondi siano «cadute a una a una durante il dibattimento, le testimonianze, le arringhe, e tuttavia il Promotore di Giustizia le ha tenute in non cale, perché non collimavano con il suo impianto accusatorio costruito su teoremi e petizioni di principio». Anzi, quando in dibattimento sono emerse risultanze favorevoli all’imputato, «il Pg si è comportato come se non ci fossero, ha esercitato oggettivamente un meccanismo di rimozione».

A Becciu la Chaouqui rimprovera di aver voluto lui orchestrare ai suoi danni una vera e propria macchina del fango con calunnie, definendola una traditrice che aveva diffuso documenti segreti.

Accuse false dopo le quali la donna, ridicolizzata e incolpata di comportamenti inverosimili, avrebbe persino tentato il suicidio. Lei stessa nel Pulp podcast con Fedez, invita Becciu a un confronto a microfoni accesi. Di quali segreti sono entrambi custodi forse non lo sa neppure il Papa.

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