Chi non vorrebbe essere cugino di un Papa? O forse no. Non avendo designato un erede, beneficiari della successione legittima di Benedetto XVI sono i suoi cinque cugini viventi. Di loro ha parlato domenica, in occasione della celebrazione eucaristica nella parrocchia romana di Santa Maria Consolatrice a Casalbertone seguita dall'inaugurazione di una targa celebrativa, il suo segretario particolare, monsignor Georg Gänswein.
Parla il segretario particolare
L'arcivescovo tedesco è anche l'esecutore testamentario di Ratzinger e in questa veste ha dovuto distruggere anche le sue lettere personali, come da indicazione lasciatagli dal Pontefice tedesco. Nella mattinata trascorsa nella chiesa romana di cui fu titolare l'allora cardinale Ratzinger, tra l'inaugurazione della targa dedicata al "Papa nostro" e la consegna di una delle sue casule usata oer molti anni che è stata donata - realizzando una sua esplicita richiesta - al parroco di Santa Maria Conslatrice, Gänswein ha spiegato di aver scoperto dell'esistenza di cinque cugini di Benedetto XVI.
L'eredità
"Ora per la legge, devo scrivere ai cugini che sono i parenti più vicini, e devo dire anche per legge, accettate l'eredità o non l'accettate?", ha detto l'arcivescovo tedesco parlando con i giornalisti presenti alla messa. In ballo c'è quel che resta dell'eredità di Benedetto XVI ma non i diritti d'autore provenienti dalla vendite delle sue numerose opere. Per queste, infatti, c'era già stata una regolamentazione nel 2010 prevista nello statuto della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI le cui entrate sono costituite dalla somme derivanti annualmente dalla gestione dei diritti d'autore sui testi del Papa tedesco.
In caso di accettazione dell'eredità, dunque, i cugini potranno entrare in possesso dei soldi rimasti sul conto, sebbene Benedetto XVI avesse confidato nel 2012 a Peter Seewald che il Papa non possedeva portafogli nè un conto corrente. Non dovrebbe ereditare, invece, la casa di proprietà di Pentling in cui Joseph visse tra il 1970 ed il 1977 accudito dalla sorella Maria e che nel frattempo è diventata un museo.
La causa civile
Ma ciò che pesa di più nella decisione dei cugini di accettare o meno l'eredità è il processo che potrebbe iniziare in Germania su una vicenda che vede protagonista un ex prete affidato per un periodo all'arcidiocesi di Monaco e Frisinga di cui Ratzinger fu titolare prima di essere chiamato a Roma all'ex Sant'Uffizio da Giovanni Paolo II. A fine marzo, infatti, il tribunale distrettuale di Traunstein era chiamato ad esaminare la causa civile intentata da una vittima di abusi contro l'ex sacerdote, contro l'arcidiocesi e contro due ex arcivescovi, il cardinale Friedrich Wetter e proprio Joseph Ratzinger. Dopo la morte di Benedetto XVI però, l'udienza è stata rinviata ed è probabile che bisognerà aspettare giugno per la nomina dei legittimi successori del defunto e per sapere se il procedimento finirà per essere a loro carico.
"È vero che, in linea di principio, si verifica un'interruzione con la morte di una delle parti. Tuttavia, nel caso di specie ciò non si applica, poiché il defunto era rappresentato da un avvocato", ha detto alla stampa Andrea Titz, portavoce del tribunale regionale di Traunstein. Che si debba andare avanti portando a processo gli eredi del Papa è convinto Andreas Schulz, l'avvocato della vittima. Per questo si è anche dichiarato contrario alla possibilità di una seperazione dei filoni che finirebbe per far uscire il nome di Ratzinger dal processo.
Scandalo abusi a Monaco
La vicenda processuale nasce dalla causa civile intentata da una vittima dell'ex sacerdote Peter Hullermann che dopo un episodio già segnalato dalla famiglia di un minorenne al vescovo di Essen nel 1979, un anno dopo richiese ed ottenne ospitalità nell'arcidicesi di Monaco e Frisinga guidata dall'allora cardinale Joseph Ratzinger. Tuttavia, il via libera alla sua permanenza a Monaco era limitato a risiedere nella città bavarese per poter seguire una terapia ma senza che il futuro Benedetto XVI sapesse i motivi che si celavano dietro a questo allontanamento dalla diocesi originaria. Inoltre, è stato già accertato che Ratzinger non assegnò a Hullermann incarichi pastorali nell'arcidiocesi a differenza di quanto fece poi il vescovo generale, monsignor Gerhard Gruber che ammise già il suo errore nel 2010.
Prima di morire, Ratzinger aveva deciso di difendersi nel processo rivolgendosi ad uno studio legale, Hogan Lovells che avrebbe probabilmente prodotto in aula la memoria difensiva già trasmessa dal Monastero Mater Ecclesiae in occasione dell'indagine sugli abusi commessi nell'arcidiocesi bavarese portata avanti dal team Westpfahl-Spilker-Wastl.
Cugini
Non si sa il nome dei cinque cugini di Benedetto XVI che, accettando l'eredità, potrebbero rischiare di trovarsi coinvolti in questa causa civile. Nel 2008, in occasione della Giornata mondiale della gioventù di Sydney, si scoprì che in Australia viveva una cugina di primo grado all'epoca 83enne del Papa tedesco. Si chiamava Erika Kopp, viveva a Melbourne ed era la figlia del fratello della madre di Joseph. "Era un ragazzo timido, molto intelligente, studiava tutto il tempo. Suonava il piano magnificamente", raccontò di lui alla stampa.
Meno noto è che Ratzinger perse un cugino negli anni Quaranta che fu ucciso dai nazisti perché affetto dalla sindrome di Down. Nel 1941, infatti, la polizia nazista prelevò Joseph Ratzinger - omonimo del più noto cugino - e successivamente la famiglia fu avvisata che era morto di polmonite.
Da cardinale, partecipando ad un convegno in Vaticano, Ratzinger spiegò a proposito della vicenda familiare che "non c'erano dubbi su quello che stava accadendo, che era l'eliminazione sistematica di tutti coloro che non erano considerati produttivi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.