"In viaggio nella memoria dell'Urss per comprendere la Russia di oggi"

L'editore Sandro Teti: "La vita a Mosca era molto diversa e grandi le difficoltà. Ma la passione delle persone per la cultura è rimasta immutata"

"In viaggio nella memoria dell'Urss per comprendere la Russia di oggi"
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Difficile, per chi è nato negli anni Novanta, immaginare un mondo diviso in due da un muro. Ancor più difficile è pensare a uno Stato chiamato Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche (Urss) che si estende da Berlino all'oceano Pacifico.

Eppure quel mondo c'è stato e non è neppure così lontano nel tempo. E c'è stato anche chi, attratto dall'ignoto di ciò che stava oltre quel muro, quasi fosse paragonabile alle colonne d'Ercole con la loro fine del mondo, ha desiderato andarci per vedere, gustare e toccare ciò che lì poteva trovarci. È il caso Laura Salmon, autrice di C'era una volta l'Urss. Storia di un amore (Sandro Teti editore). L'autrice oltre che per gli studi di slavistica, è nota per avere introdotto in Italia l'insegnamento di tecniche di teoria e tecnica della traduzione costituendo 24 anni fa a Genova, la prima cattedra di questa disciplina.

Una testimonianza di una persona si approccia a un mondo in cui la vita era sì spartana, perché c'era poco, ma dove la cultura era al centro: «Anche io ho vissuto in URSS proprio negli anni descritti nel volume - racconta l'editore Teti - Anni in cui c'era una grande propensione a leggere e dove gli scrittori erano considerati come delle superstar. C'erano molte difficoltà nel quotidiano, però c'erano altri modi per compensare. C'erano altri valori e percepivi, dopo solo tre ore e mezza di volo di entrare in un altro mondo». Un mondo che la Salmon descrive e dove porta il lettore. Anzi: dove lo fa calare, come se diventasse anche lui uno dei protagonisti che deve camminare, incontrare, provare, assaggiare e toccare. In una parola: vivere.

I paragoni col passato, di chi paragona la Russia sovietica a quella attuale, non reggono: «Oggi la Federazione russa è un Paese dove c'è molta più libertà rispetto ai tempi dell'Urss, quando per esempio non si poteva espatriare - spiega Teti - C'è un boom del turismo sia interno che estero ed è ancora molto aperta a chi vuole venire dall'Europa, tant'è che per ottenere il visto basta un clic on line sul sito del consolato». Ma non solo. L'Urss era profondamente diversa anche dalla Russia che è venuta subito dopo: «Negli anni Novanta è stata completamente svenduta, i grandi centri industriali sono stati chiusi, distruggendo la vita di centinaia di migliaia di persone. È proprio in quel periodo che le mafie si sono rese visibili, Mosca ne era infestata, lo ricordo bene. Col passare degli anni, però, sono state represse da Putin». Una cosa però è restata: l'amore per la cultura. «C'è un proliferare di nuovi testi, soprattutto poetici, ed è ripresa la tradizione di declamare i versi a voce alta - prosegue Teti - guardando la tv ci sono molte trasmissioni culturali che danno molto spazio anche al teatro e al balletto. Nuovi teatri, sempre affollati, si sono aggiunti a quelli sovietici».

Nel libro si passa da Berlino Est a Leningrado, la bella San Pietroburgo. Si visitano città, si incontrano persone, modi di vivere. E tutto serve per comprendere quello spirito che era molto più profondo di quello sovietico perché era (ed è ancora oggi) quello russo. Un insieme di elementi, apparentemente opposti, che non possono esistere altrove. Scrive l'autrice: «I russi sono un popolo inconsapevolmente anarcoide, che accetta consapevolmente che qualcuno metta dei limiti alle proprie irredimibili vocazioni (). In Russia, infatti, tutto è un po' paradossale: il tradizionalismo è anticonformista, il progressismo è disciplinato, l'ozio è produttivo e l'efficientismo è di cattivo gusto».

E se era difficile arrivare in Urss, forse ancora più difficile era andare via, come scrive la Salmon: «La cosa che ricordo meglio di quel viaggio è il ritorno in Italia: per me, come per tutti i ragazzi italiani approdati per la prima volta in Unione sovietica, era cambiato tutto. Eravamo stati contagiati dal mal di Russia, una pungente e persistente nostalgia di quell'altrove, dal quale, però nessuno voleva separarsi: paradossalmente, la presenza di quel sentimento di nostalgia, ci faceva sentire tutti meno lontani.

Da allora non ho mai più passato un solo giorno della mia vita, senza sentire quella mancanza». Una mancanza che anche il lettore, chiuso il libro, si porta dietro. E pensa che, alla fine, oggi basta un clic per partire. Che l'Urss non c'è più, ma che la Russia è sempre lì che ti aspetta. Resta così l'amore.

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