Villa Medici L’evoluzione del gusto raccontata dai gessi

Villa Medici L’evoluzione del gusto raccontata dai gessi

Nati con intenti puramente didattici, i musei dei gessi sono a volte considerati come antiquati magazzini della storia, ma possono essere visti anche come laboratori della cultura, che permettono di approfondire la conoscenza di capolavori conservati in diversi luoghi e di confrontarsi con le tecniche della scultura e del restauro. È questo il caso della nuova Gipsoteca dell’Accademia di Francia. Situata nella parte estrema del giardino di Villa Medici, vicina al celebre gruppo scultoreo della Niobe e dei Niobidi, la raccolta di gessi di sculture antiche è interamente dovuta ai borsisti dell’Accademia. Quando Luigi XIV istituì nel 1666 l’Accademia, che ebbe come prima sede Palazzo Mancini al Corso, la copia era il fondamento dei lavori accademici e oggetto della prova finale del quinto anno. I gessi erano considerati esercizi indispensabili per gli scultori e allo stesso tempo fonti visive importanti per i pittori che si formavano nel disegno studiando le statue antiche. Più che alle opere recenti, si preferiva, infatti, guardare al passato e riprodurre i capolavori dell’arte classica. Le opere più interessanti in questo senso sono i calchi dei rilievi della colonna Traiana, una parte dei quali è stata eseguita alla fine del XVII secolo. Si notano anche copie del Torso del Belvedere, di una statua di Apollo, di gigantesche teste di Giunone e Minerva e di numerosi ritratti di imperatori, filosofi, poeti e condottieri. Tra i calchi di opere più recenti, non poteva mancare il busto di Ferdinando de’ Medici. Al centro della gipsoteca non troviamo una copia, ma un’imponente statua in marmo di Luigi XVIII, eseguita da Jean-Pierre Cortot tra il 1815 e il 1817.


Nel corso del XIX secolo la consuetudine della copia viene contestata, tanto che a un certo punto non costituisce più la prova finale, che deve essere invece un lavoro originale, fino a che nel XX secolo viene esclusa dagli obblighi dei borsisti. I calchi appena restaurati, testimoniano una pratica formativa connessa alla storia dell’Accademia e allo stesso tempo costituiscono un’utile documentazione su statue o rilievi del passato danneggiati dal tempo.

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