Vince il film sull'eutanasia di Almodóvar

Leone d'oro per "The Room Next Door". Premio della giuria per l'italiano "Vermiglio"

Pedro Almondovar vincitore del Leone d'Oro per il film "The Room Next Door"
Pedro Almondovar vincitore del Leone d'Oro per il film "The Room Next Door"
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Forse la sorpresa più grande di questa 81a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia è che si è aperta il 28 agosto scorso con un ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e si è chiusa ieri con uno nuovo, Alessandro Giuli. Giuli, come prima uscita pubblica, ha preso parte alla serata di premiazione condotta dalla madrina Sveva Alviti e si è subito beccato, al posto del suo predecessore, una frecciata da Nanni Moretti, salito sul palco a ritirare il premio per il miglior restauro del suo film Ecce Bombo: «Volevo dire ai registi e ai produttori che dobbiamo essere più reattivi di fronte alla nuova e pessima legge sul cinema». Il riferimento è alle nuove norme sul Tax Credit, finalizzate a regolare l'eccessiva produzione di film, presentate proprio qui al Lido di Venezia dal Sottosegretario alla cultura Lucia Borgonzoni.

Per il resto il palmarès è filato liscio come l'olio, a parte alcuni riferimenti al «genocidio in atto a Gaza» di due registi premiati nella sezione Orizzonti, con i massimi riconoscimenti finiti ai titoli più apprezzati, caso più unico che raro, anche dalla critica nazionale e internazionale. A partire dal Leone d'Oro attribuito a The Room Next Door - La stanza accanto di Pedro Almodóvar a rappresentare la Spagna premiata per la prima volta: «Divido il premio con Tilda Swinton e Julianne Moore, sono stato testimone del loro miracolo davanti alla macchina da presa. Il film parla di una donna agonizzante negli ultimi giorni della sua vita. Porre fine alla propria vita è un diritto dell'essere umano. Chi deve fare le leggi deve tenerne conto. Bisognerebbe però rispettare e non intervenire in queste decisioni», ha detto il regista del film che uscirà nelle sale il 5 dicembre. Sulle due attrici, per la Coppa Volpi femminile, ha avuto la meglio Nicole Kidman per il film Babygirl di Halina Reijn che ha ritirato il premio al suo posto perché l'attrice australiana è stata raggiunta dalla notizia della morte della madre. Tra i favoriti della vigilia, la Coppa Volpi maschile è andata nelle mani di Vincent Lindon, che ha ringraziato veramente «tout le monde», per Jouer avec le feu delle sorelle francesi Delphine e Muriel Coulin che uscirà in Italia a gennaio 2025 con il titolo Noi e loro. Per concludere con i riconoscimenti attoriali, il Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore emergente è andato a Paul Kircher per il film Leurs enfants après eux diretto anch'esso da due fratelli francesi trentaduenni (i più giovani del concorso) Ludovic e Zoran Boukherma.

La più grande sorpresa della serata è stata sicuramente per l'Italia perché Vermiglio, opera seconda di Maura Delpero, ha ottenuto il Leone d'Argento - Gran Premio della Giuria, confermando il valore di un film che racconta con maestria realistica e poetica la vita in montagna di una famiglia numerosa alla fine della Seconda guerra mondiale. Purtroppo è andata male per agli altri quattro titoli battenti bandiera tricolore, a partire da Campo di battaglia di Gianni Amelio, attualmente nelle sale, proseguendo con Diva Futura di Giulia Louise Steigerwalt e Iddu di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, finendo con Queer di Luca Guadagnino che si deve accontentare di un premio come co-produttore del film georgiano April di Dea Kulumbegashvili a cui è andato il Premio Speciale della Giuria presieduta, lo ricordiamo, dall'attrice francese Isabelle Huppert e composta dal regista statunitense James Gray, da quello britannico Andrew Haigh, dalla polacca Agnieszka Holland, dal brasiliano Kleber Mendonça Filho, dal mauritano Abderrahmane Sissako, dal nostro Giuseppe Tornatore, dalla tedesca Julia von Heinz e dall'attrice cinese Zhang Ziyi.

I giurati hanno azzeccato anche il Leone d'Argento per la miglior regia a The Brutalist dell'ex attore statunitense, ora al terzo film da regista, Brady Corbet che ha realizzato un monumentale film, non solo per la durata monstre di 215 minuti, sull'antisemitismo. Anche il Premio per la Migliore Sceneggiatura, consegnato a Murilo Hauser e Heitor Ortega per Ainda estou aqui di Walter Salles, è in linea con l'accoglienza critica che, come secondo film con più stellette, aveva indicato proprio il film del regista brasiliano.

Tutto è bene quel che finisce bene.

Il sipario sull'81a edizione è calato, il direttore artistico Alberto Barbera è stato già confermato dal presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco alla guida del più antico festival del mondo per i prossimi due anni, e sul grande schermo del Palazzo del Cinema sono apparse le immagini in bianco e nero di L'orto americano, il film di chiusura diretto da Pupi Avati, il regista con più partecipazioni undici alla Mostra che torna alle sue atmosfere più congeniali, gotiche e padane.

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