In migliaia sono stati adottati nel pieno della pandemia. Per diventare amici fidati nelle lunghe settimane di isolamento, per fare compagnia ai bimbi privati dei propri compagni, per offrire alle persone costrette in casa una «scusa» per poter fare quattro passi all'aria aperta. Adesso, con i lockdown ormai alle spalle e la crescente sete di libertà e movimento, moltissimi pet vengono restituiti. E, nei casi più estremi, addirittura abbandonati. Complice anche l'inflazione e la crisi economica, che spinge sempre più famiglie a rinunciare a tutto. Perfino ai propri amici a quattro zampe. Secondo una recente indagine condotta da Emg Different per conto del portale Facile.it su un campione rappresentativo della popolazione italiana dai 18 ai 74 anni, nel periodo compreso fra il 2020 e il 2021 sono stati circa 3,4 milioni gli italiani che hanno adottato un cane, pari al 21,6% dei proprietari. Una volta archiviata la pandemia, però, oltre 117mila padroni hanno cambiato idea restituendo l'animale al canile o affidandolo a un'altra famiglia. Nella maggior parte dei casi non si tratta quindi di un abbandono in senso stretto, ma di una sorta di rinuncia alla proprietà. E così circa 40mila cagnolini sono tornati nelle strutture di accoglienza dalle quali erano stati presi in adozione, mentre gli altri sono stati affidati a un'altra famiglia. Lo studio ha anche cercato di fare chiarezza sui motivi che hanno spinto le famiglie italiane ad accogliere un animale da compagnia, scoprendo che il 28,3% di chi ha preso un cane negli ultimi due anni ha ammesso di averlo fatto solo per alleggerire il lockdown, mentre circa 196mila individui hanno detto di aver fatto questa scelta per aggirare i limiti alla mobilità imposti dal governo in quel periodo (5,7%). Quanto al motivo principale per cui i proprietari hanno rinunciato al proprio pet, il 63% si è reso conto che l'animale diventava troppo complesso da gestire, mentre per il 37% la decisione è stata presa a seguito di danni materiali causati dall'animale. «Assistiamo a un numero di cessioni molto forte conferma Giusy D'Angelo, esperta cinofila e membro della giunta nazionale di Enpa -. Da una parte ci sono le nuove esigenze delle famiglie libere dalle restrizioni del Covid, dall'altra la crisi economica. Molte persone in questo periodo restituiscono il cane o il gatto semplicemente perché non possono più permetterselo, perché hanno perso il lavoro o la casa. Altre perché hanno problemi di salute che nei due anni di pandemia sono stati trascurati e che non permettono loro di seguire un animale domestico. E la situazione è aggravata dall'assenza di un servizio pubblico che si faccia carico degli animali di proprietà».
Esiste però anche un'altra faccia della medaglia. «Nelle strutture veterinarie la percezione è che i nuovi proprietari, sia di animali in arrivo dai rifugi sia dagli allevamenti, siano ancora in aumento spiega Marco Melosi, presidente dell'Associazione nazionale medici veterinari -. Rispetto al passato cresce anche la tendenza ad adottare un secondo cane. Non si è infatti ancora esaurito l'effetto bolla creato dalla pandemia, cioè la tendenza a creare una dimensione di rifugio affettivo con il proprio pet, dentro la quale si crea una relazione rassicurante».
Resta però un dato inquietante, messo in luce proprio da Enpa: il 44% dei cani restituiti effettivamente dopo il lockdown era in famiglia da un periodo compreso fra due e cinque anni. Insomma, gli esemplari non erano stati adottati per vivere meglio l'isolamento. Un fenomeno questo che, in misura minore, coinvolge anche i gatti e altre specie da affezione come per esempio conigli, cavie e criceti. «C'è sicuramente maggiore sete di libertà prosegue D'Angelo - Ma anche uno stile di vita fatto di tantissime incertezze, che spinge molte persone a eliminare ciò che viene percepito come un problema. A questo si aggiunge la scarsa consapevolezza con la quale troppe persone si avvicinano all'adozione di un animale, aggravata dall'eccesso di annunci presenti sui social network». Nonostante l'allarme sia molto alto, qualcosa sta comunque cambiando. Perché i dati sull'abbandono colpevole sono in diminuzione, almeno in una parte del Paese. Anche se restano ancora alti: secondo gli ultimi dati del ministero della Salute, resi noti dalla Lega nazionale per la difesa del cane, sono circa 110mila i cani abbandonati ogni anno, 70mila i gatti. «È cambiata la sensibilità e, nel caso del cane, la micro-chippatura obbligatoria e la tracciabilità del proprietario hanno rappresentato un formidabile deterrente dice Melosi di Anmvi -. Oggi c'è una inversione culturale molto forte, le persone scelgono le vacanze in base a dove possono portare il pet. Se l'animale non è accettato i proprietari cambiano destinazione. Sono anche aumentate le strutture ricettive pet friendly: spiagge, mezzi di trasporto, alberghi. Ecco perché ormai è più probabile trovarsi di fronte a un fenomeno diverso, ovvero che l'amico a quattro zampe sia restituito, cioè venga affidato a un canile quando non si è più in grado di gestirlo». Un fenomeno che riguarda soprattutto alcune razze. «L'80% dei cani affidati ai canili è costituito da pitbull, corsi e american staffordshire aggiunge l'esperto -. Si tratta di animali più impegnativi e quindi difficili da gestire, che però attirano l'attenzione perché alla moda. Questi cani, spesso molto giovani, sono destinati a vivere per sempre in canile, gravando sulla spesa pubblica per il loro mantenimento ma, soprattutto, con grandissima sofferenza per la cattività permanente a cui sono destinati essendo difficilmente scelti per l'adozione». Specialmente nei mesi estivi, quando le pratiche subiscono un brusco stop. «Durante la bella stagione le adozioni sono sempre più difficili, perché le famiglie tendono a spostarsi per le vacanze e quindi rimandano a settembre la scelta di accogliere un animale in casa afferma Alessandra Itro, avvocato di Lndc animal protection -. Ciò nonostante, i nostri volontari sono sempre attivi e la media annuale delle adozioni è abbastanza costante o in leggera crescita. L'importante è che questa scelta sia seguita con competenza per evitare che i pet vengano restituiti o che ci siano altri problemi nelle nuove famiglie». Nel frattempo i dati dei veterinari dicono che le sterilizzazioni sono in aumento e sono ormai considerate come lo strumento per eccellenza per evitare le riproduzioni incontrollate. «Presto avremo anche nuove leggi nazionali ancora più responsabilizzanti per tutti gli animali da compagnia che estenderanno gli obblighi di identificazione conclude Melosi -.
Personalmente, sono favorevole anche a un patentino obbligatorio per i proprietari che desiderano un cane impegnativo, una di quelle razze che più frequentemente causano problemi di convivenza e di incolumità pubblica. Spesso le aggressioni canine più drammatiche avvengono infatti proprio negli ambienti domestici, dove si crede di saper gestire il cane e invece non è così».
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