«Abbottapezzenti», capolavoro di cucina povera

Renato Mastronardi

Mettendo da parte l’annosa questione che vede Monte San Giovanni Campano contro Aquino su chi ha dato i natali a San Tommaso, uno dei più grandi teologi e filosofi del Medioevo, resta il fatto, incontestabile che l’appendice «d’Aquino» resterà per sempre legata al nome del Pastor Angelicus. Ma Aquino (a 42 chilometri da Frosinone, uscita Pontecorvo dell’A1) è anche una cittadina dal ricco passato. Infatti si può far risalire il suo toponimo a quella città, prima volsca e poi romana, che si chiamò Aquinum per l’abbondanza delle acque. Il centro abitato fu dominio sannita fino all’arrivo delle milizie romane. Dopo lo sfacelo dell’impero romano fu devastata dai Longobardi grazie ai quali però diventò capoluogo di una provincia abbastanza estesa sulla valle più bassa del fiume Liri. Nonostante Carlo Magno l’avesse donata al papato, la cittadina fino al IX secolo gravitò nell’orbita del Ducato di Pontecorvo. Poi i nuovi signori del castello divennero i d’Aquino. Quindi arrivarono gli anni più bui della sua decadenza che coincisero con la signoria ed il protettorato dei d’Avolos. I principi Boncompagni di Arpino acquistarono il possedimento di Aquino nel 1583 e lo tennero fino alla fine dell’Ottocento. Poi Ferdinando IV, re di Napoli, lo acquistò per il demanio regio.
Da vedere. Dopo gli sconquassi provocati dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, dell’antico patrimonio monumentale di Aquino è rimasto in piedi ben poco. Ma quello che si è salvato ha conservato in tutto e per tutto, la sua rilevanza storica. Per esempio al centro del paese si eleva ancora un’alta Torre Medioevale e, a due passi, i resti del Castello dei d’Aquino che fu, secondo alcuni storici molto discussi, la casa natale del sommo filosofo. Inoltre si conservano intatti alcuni tratti di mura, due porte e il capitolinum del quale sopravvive una parete perimetrale. Nella campagna circostante si trovano un arco romano oggi semisommerso dal fiume Liri è l’Anfiteatro, anch’esso romano. Tuttavia il monumento più rappresentativo di tutta l’area è la Chiesa di santa Maria della Libera eretta nel 1125, con un grandioso portale centrale che ha per stipiti gli elementi di un fregio romano, lungo complessivamente 7 metri, un mosaico che rappresenta la Madonna con Bambino e un sarcofago romano che fa da altare.
Da mangiare e da bere. A parte l’ancora fiorente artigianato delle ceramiche, il fattore trainante dell’economia di Aquino è l’agricoltura perché la sua campagna è da sempre ben coltivata. E non solo: per il particolare sistema di canalizzazione delle acque, detto forme, si è venuto creare un ambiente umido ideale per una ricca fauna ittica. E da qui arriva a tavola un risotto gamberi e spinaci al profumo di limone.

Più solidi e tradizionali sono i maccheroni alla casereccia, le fettuccine alla ciociara e l’agnello a scottadito. Da non mancare la bistecca alla griglia e la specialità del luogo: l’abbottapezzenti, pasticcio di ingredienti poveri ma irresistibili.

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