Per l'accusa quelli di Bülent Keneş erano tweet offensivi, che si scagliavano contro il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Per il giornalista, direttore dell'edizione inglese del quotidiano Zaman, soltanto messaggi in cui esprimeva un punto di vista, critico ma non sufficiente a far scattare un mandato d'arresto.
È tutta qui l'accusa nei confronti del giornalista, a cui già era stato imposto un divieto d'espatrio e che a giugno era stato condannato a 21 mesi di carcere - con pena sospesa - per un altro tweet che era stato considerato altrettanto offensivo.
Lo Zaman, e la sua versione inglese, sono legati al movimento Hizmet di Fethullah Gülen, imam che da anni vive in un esilio auto-imposto negli Stati Uniti. Un tempo alleato dell'Akp di Erdoğan, è oggi nel mirino delle autorità turche.
"Continuerò a combattere per la democrazia e la libertà fino all’ultimo - ha commentato Keneş -. Non riuscirete a far tacere un’anima libera, anche se la metterete in carcere". E il suo caso non è il primo in cui la libertà di stampa in Turchia viene messa sotto attacco.
A 11 mesi e 20 giorni di carcere è stato condannato Necati Dogru, un giornalista di Sözcü, quotidiano su posizioni piuttosto distanti da quelle del partito di Erdoğan. "Qualunque cosa si scriva è un ’insulto - ha scritto in un articolo in cui parla della sua situazione -. Vanno bene solo i falsi complimenti.
Mi dispiace, ma non sono quel tipo di giornalista".Ancora in carcere è invece Mohammed Ismael Rasool, fixer fermato insieme a due giornalisti di VICE News poi liberati, che erano impegnati nella realizzazione di un servizio nel meridione del Paese, dove si è riacuto lo scontro tra il governo e il Pkk.
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