Adozioni, i bimbi ci sono ma restano negli orfanotrofi

Adozioni, i bimbi ci sono ma restano negli orfanotrofi

Adozioni in un interno. Sviscerate alla Ingmar Bergman, soffocate nelle attese, nei tempi imperfetti, nelle domande che arrovellano. Un viaggio che asciuga l'anima, che ti fa scavare, cercare chi c'è riuscito, quanto ha aspettato, il telefono che non suona e il cuore in gola sugli anni che scappano senza appello. Giulia e Michele (nomi di fantasia) non sono più giovanissimi, stimato professionista lui, casalinga lei. Arrivano da anni di affidi e da un iter per l'adozione, poi interrotto. Lui parla a raffica, lei colma le sue lacune. Una vita da raccontare, le brutture di certi istituti per bambini nell'Est europeo, l'affido lungo dieci anni che li ha visti seguire il loro ragazzo viaggiando. Un legame che aggancia l'anima e scalza le remore. Un'emorragia d'amore che non fermi, che incanali all'accoglienza. Ma non basta.
Giulia desidera un figlio. Michele ha il cuore gonfio: è il progetto di una famiglia. Pensano all'adozione e l'ultima storia la facciamo cominciare da qui, dall'inizio di quest'anno. «Presentiamo la domanda al Tribunale dei Minori di Genova - ricostruisce Michele - Ci trasmettono un messaggio forte e chiaro: sicuramente meglio optare per un'adozione internazionale visto che le nazionali sono ferme al 2003». Ma cosa significa? Michele strabuzza gli occhi, ma è tranquillo, parla con la freddezza di chi ha sezionato abbastanza per parare i colpi bassi. Che la comunicazione apre scenari.
Allora ricomincia: «L'iter è così fatto: presenti la domanda al Tribunale che verifica con i Carabinieri e i servizi sociali. Poi la serie di incontri con i suddetti e quindi la scelta fra adozione nazionale, ossia di bambini non necessariamente italiani ma provenienti da istituti del nostro Paese, o internazionale (istituti stranieri)». Michele e Giulia si orientano sull'Italia, «ma dire che ti scoraggiano è un eufemismo - ironizza lui - Sia dal Tribunale che gli assistenti sociali ti dicono chiaro e tondo di lasciar perdere le nazionali, che sono difficili e non ci sono bambini tant'è che le domanda sono ferme al 2003». E qui Giulia non si tiene, un po' di volontariato, un po' di istituti frequentati anche nella sola Genova: «È vero che quei piccini non sono tutti adottabili, ma mi risulta difficile credere che da Ventimiglia a Massa Carrara, che è il territorio di competenza del Tribunale dei Minori di Genova, non ci siano praticamente bambini che possono trovare una famiglia in cui crescere. Considerato che lo Stato eroga mensilmente agli istituti 1000 euro per ogni piccolo ospite».
Materia delicata; non resta che aspettare: «Una nostra amica di Roma ha atteso sei anni» sottolinea Michele. Ma l'optare per un'internazionale cambia qualcosa nella sostanza? «Assolutamente no, ma comincia a costare qualcosa come dai 15 ai 30.000 euro. Ti affidi alle varie associazioni e cominci a pagare dalla semplice traduzione dei documenti ai soggiorni in loco; i conti sono presto fatti, considerato che se uno lavora deve mollare e andare lì». Michele, un po' di carte in mano, torna al chiodo fisso: «A Genova assistenti sociali, psicologi e funzionari ci hanno ribadito d'essere fermi al 2003. Ma è possibile?».
Alla Cancelleria adozioni del Tribunale chiariscono che sono in corso gli «abbinamenti dei bambini con le coppie le cui domanda risalgono al 2002-2003, con centinaia di richieste da soddisfare che si vanno accumulando». Poi il colloquio con il presidente Adriano Sansa: «Nessun fermo, procediamo con le adozioni. C'è una ripresa della natalità e abbiamo effettuato molte adozioni in questi mesi, una è recentissima. Più povertà, estremo disagio sociale e più mamme immigrate che non vogliono essere riconosciute al momento del parto, il che per chi adotta è positivo».
Il punto resta la forbice tra domanda e bambini: «Le richieste sono dieci volte tanto il numero dei piccini e restano insoddisfatte, noi seguiamo l'ordine cronologico delle coppie idonee». Altra storia per le adozioni internazionali: «iter delicatissimi perché entrano in gioco i rapporti tra i Paesi. Succede che per orgoglio nazionali molti Stati occultino i bambini negli istituti.

Comunque tutti i giorni abbiamo adozioni internazionali, decisamente superiori a quelle nazionali». Giulia e Michele sono perplessi. Sul fondo dubbi, domande, attese. E quel disincanto soffocato tra rigurgiti di speranza, senza sbattimenti, con la tenacia di un amore senza esitazioni.

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