Lasciamo perdere la solita formula della «giustizia a orologeria». E non perché non esista - esiste, esiste… - ma perché, come tutti gli argomenti polemici, anche i più legittimamente polemici, perfino questa contestazione, se troppo usata, finisce per perdere efficacia. E allora stiamo ai fatti: ieri il fascicolo milanese del Corriere della Sera dava per l’ennesima volta, con grande risalto e in prima pagina, notizia di un’inchiesta della Procura, stavolta «per turbativa d’asta e corruzione», sparando con grande risalto e già nei titoli i nomi degli «indagati». Tra loro c’è Marco Osnato, genero di Romano La Russa e candidato al Comune. Si badi bene, si parla di indagati; non incriminati, non imputati; gente che dopodomani potrebbe risultare completamente estranea, come troppe volte è già successo. Ma intanto quei nomi sono stati «sbattuti in prima pagina». E sono nomi - guarda caso! - di esponenti del Pdl e di candidati alle prossime elezioni amministrative. Non proprio un capolavoro di garantismo sostanziale, aldilà delle regole scritte e forse nemmeno di eleganza professionale. Con quanto risalto sarà data la notizia della loro eventuale estraneità, se sarà data?
Il fatto è che lo stesso servizio si chiude con questa puntigliosa e non innocente constatazione: «È la terza inchiesta che in queste settimane coinvolge esponenti del Pdl, dopo quelle sulle firme false del “listino Formigoni” sui manifesti “Via le Br dalle Procure”» eccetera. Ma l’articolo non si chiede - e perché dovrebbe? - come mai proprio «in queste settimane» - preelettorali, aggiungo io - tre inchieste coinvolgano - solo, aggiungo io - esponenti del Pdl. Tanto più che, nel caso specifico riferito ieri, si spiegava anche che «la materia appare però molto complessa dal punto di vista tecnico e controversa anche nelle dinamiche della ricostruzione». Ma allora, se tutto è così vago, incerto e confuso, perché si sbattono in prima pagina dei nomi di persone che potrebbero poi risultare completamente estranee? E perché dalla Procura escono quei nomi? E perché proprio adesso, in campagna elettorale? Forse proprio perché si tratta «della terza inchiesta che in queste settimane coinvolge esponenti del Pdl». E qualche candidato. Sia chiaro, non si chiede di non indagare in campagna elettorale, tutt’altro. Si potrebbe, però, benissimo portare avanti l’inchiesta senza rivelare, ad esempio, i nomi degli indagati-candidati. Proprio adesso.
D’altra parte nessuno si è chiesto perché i radicali abbiano impiegato tempo ed energie per controllare le firme del suddetto «listino Formigoni» e non quelle, ad esempio del Pd o quelle di altre liste e in altre regioni in cui si votava. Non sarà forse perché a Milano i radicali non sono riusciti, loro, a raccogliere le firme? E non sarà anche per la ben nota e manifesta ostilità degli anticlericali radicali per Comunione Liberazione, il movimento ecclesiale di cui Formigoni è esponente?
In un’altra occasione, proprio parlando delle firme per il «listino Formigoni» ho chiesto se il buon senso, la buona fede e un sostanziale senso dell’equilibrio non possa consigliare, in casi come questo, di rimandare tutto di qualche settimana, a elezioni fatte: proponevo, insomma, una sorta di autonoma «moratoria elettorale». So, per esperienza, che è inutile chiederlo a certi colleghi della cronaca giudiziaria, sempre molto attenti ai suggerimenti che vengono dal palazzo di giustizia. La risposta sarebbe «Se vengo a conoscenza di una notizia, ho il dovere di pubblicarla». Giusto, soprattutto se si tratta di «certe notizie», che riguardano «certe persone».
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