Antagonisti in corteo mentre la destra ricorda il giovane ucciso

Ancora una volta a distanza di quasi 40 anni, la semplice commemorazione della morte di un adolescente, travolto dalla tempesta politica degli anni ’70, accende odi e rancori

Ancora una volta a distanza di quasi 40 anni, la semplice commemorazione della morte di un adolescente, travolto dalla tempesta politica degli anni ’70, accende odi e rancori. L'estrema destra vuole celebrare l’'anniversario, l’'estrema sinistra, a cui si è accodata anche la Cgil, vuole impedirlo. Come se dopo tanto tempo la follia di uccidere un ragazzo di 18 anni in nome di un'’ideologia, non abbia ancora insegnato nulla.

Il 29 aprile del 1975 dopo 48 di agonia, moriva infatti in un letto del Niguarda Sergio Ramelli, 19 anni a luglio, militante del Fronte della gioventù, organizzazione giovanile del Msi. Un'’aggressione a freddo compiuta il 13 marzo da un commando di Avanguardia operaia che lo massacrò a colpi di chiave inglese mentre stava rincasando in via Amadeo. Solo dieci anni dopo i responsabili vennero individuati, processati e condannati. Da allora ogni anno il 29 aprile la destra lo ricorda con cerimonie e cortei, a cui regolarmente la sinistra, neppure tanto estrema, oppone la più strenua resistenza. Quest'’anno la commemorazione inizia alle ore 16 presso l'’Auditorium della Provincia in Via Corridoni 16, per la proiezione di «Milano Burning» docufilm su Ramelli, cui seguirà un corteo fino alla casa della giovane vittima.

La litania delle proteste è stata aperta il 25 aprile dal segretario della Camera del Lavoro Onorio Rosati che ha duramente contestato Guido Podestà per la concessione della sala e ha annunciato un presidio per domenica 29 aprile. «È una provocazione, a 50 metri dalla Camera dal lavoro. Abbiamo chiesto di spostare la proiezione da altre parti. La Provincia va avanti. Noi faremo un presidio dalle 15 alle 20».

Gli ha fatto eco Antonello, portavoce della Federazione della Sinistra, che dopo aver garantito la

sua presenza al presidio, rinnova a sindaco, questore e prefetto l’'appello per impedire qualsiasi manifestazione temendo possano sventolare «bandiere con la croce celtica o la svastica o altri simboli di regimi fascisti».

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