"Un pezzo di Italia fa tutto il possibile per favorire l'immigrazione illegale". Più chiara e di così, Giorgia Meloni non poteva esserlo. In uno sfogo affidato stamani ai social, il premier aveva sferzato quanti ostacolano il tentativo del governo di gestire la pressione migratoria senza regole. "E non parlo solo della sinistra ideologizzata", aveva aggiunto, manifestando poi il proprio sconcerto per la recente sentenza del tribunale di Catania che ha rimesso in libertà un immigrato già destinatario di un provvedimento di espulsione. "Non è la prima volta che accade e purtroppo non sarà l'ultima", aveva ulteriormente chiosato la leader di Fratelli d'Italia in riferimento a certi pronunciamenti giudiziari ostili alle politiche del centrodestra sul tema.
Le sentenze contro i decreti Salvini
E in effetti, solo limitandosi agli ultimi anni, non mancano analoghi esempi di giurisprudenza sui quali la politica e l'opinione pubblica si sono divise. Già nel 2019 l'allora ministro degli Interni, Matteo Salvini, dovette fare i conti con una serie di sentenze "pro-migranti" e Ong che di fatto neutralizzavano le norme previste dai decreti sicurezza. In quell'epoca, ad esempio, il Viminale aveva previsto maxi-multe per le Ong in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane. Ma il risultato fu che, grazie ai giudici, quelle ammende non le pagò mai nessuno. I tribunali civili della Sicilia a cui le organizzazioni umanitarie "punite" facevano ricorso, infatti, annullavano puntualmente le sanzioni e le navi sequestrate venivano riconsegnate alle Ong. Quel periodo lo ha ricordato stamani anche lo stesso Salvini: "Già nel 2019, quando ero al Viminale, ci scontrammo con giudici del Tar che cercavano di boicottare i Decreti sicurezza e che sposavano pubblicamente le tesi della sinistra".
Zone rosse e migranti, l'intervento delle toghe
In quella fase, fecero discutere e non poco anche la sentenza del Tar di Firenze contro le cosiddette "zone rosse" anti-balordi e quelle dei tribunali di Bologna e Firenze sull'iscrizione anagrafica di alcuni cittadini stranieri. Pronunciamenti che innescatono attriti tra il ministero dell'Interno (guidato sempre da Salvini) e i giudici. Il Viminale impugnò quei verdetti, riservandosi di chiedere all'Avvocatura dello Stato se i magistrati che avevano emesso quelle sentenze "avrebbero dovuto astenersi e passare il fascicolo ad altri a causa delle proprie posizioni sulla politica del governo". Quelle idee ostili - aveva infatti lamentato Salvini - erano state "espresse pubblicamente o attraverso rapporti di collaborazione o vicinanza con riviste sensibili al tema degli stranieri come 'Diritto, immigrazione e cittadinanza' o con avvocati dell'Asgi (associazione studi giuridici per l'immigrazione) che hanno difeso gli immigrati contro il Viminale".
La difesa dell'Anm
Il ministero, in particolare, aveva fatto riferimento al giudice Luciana Breggia del tribunale di Firenze ("Si candidi per cambiare le leggi che non condivide", attaccò Salvini) ma ad anche altri due magistrati che "collaborano con la rivista": Rosaria Trizzino, che aveva bocciato le "zone rosse" a Firenze, e Matilde Betti, presidente della prima sezione del tribunale civile di Bologna che il 27 marzo 2019 non ha accolto il ricorso del Viminale contro la decisione del giudice monocratico del capoluogo emiliano che disponeva l'iscrizione nel registro anagrafico di due cittadini stranieri. L'Anm, da parte sua, non mancò di esprimere sconcerto e intervenne a stretto giro in difesa di quei magistrati.
"Riammissioni illegittime". Giudici contro il Viminale
Ad animare il dibattito pubblico e politico fu anche una sentenza del 2021 con cui il giudice Silvia Albano, oggi componente del comitato direttivo centrale dell'Anm vicina a magistratura democratica, dichiarò illegittima la riammissione di un profugo pakistano dall'Italia verso la Slovenia, ordinando al Viminale di pagare oltre 2000 euro di spese legate al procedimento. Più recentemente, nel luglio scorso, un'ordinanza firmata dal giudice Damiana Colla aveva condannato il Viminale a risarcire 100 euro al giorno (18.200 in tutto) a un ex militare pachistano che era stato rimandato in Slovenia e poi in Bosnia dalla polizia di frontiera di Trieste. La riammissione - stabiliva la sentenza - era illegale. Gli effetti di quei pronunciamenti? Stando a quanto denunciato da alcuni poliziotti a ilGiornale.it, una paralisi nelle procedure di riammissione per il timore di incappare in analoghi interventi giudiziari. Per la cronaca, con un'altra recente sentenza il giudice Colla aveva condannato la questura di Roma per aver fatto stare in coda troppo tempo un migrante in attesa di compilare i moduli per la protezione internazionale.
Il caso di Catania
E ora a infuocare la discussione è il verdetto del tribunale di Catania sulla mancata convalida del fermo dei migranti nel centro richiedenti asilo di Pozzallo, contro il quale si è espressa anche Giorgia Meloni. A far discutere sono alcuni segnali, rintracciabili sui social, sulle simpatie politiche del giudice Iolanda Apostolico, con il timore che quelle legittime idee siano però uscite dalla sfera privata.
"La Lega chiederà conto del comportamento del giudice siciliano in Parlamento, perché i tribunali sono sacri e non possono essere trasformati in sedi della sinistra", ha tuonato Salvini. Il braccio di ferro tra la politica e certa magistratura sembra non finire mai.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.