I 101 anni del carceriere di Mussolini

Tascini era di guardia a Campo Imperatore quando il Duce fu liberato dai tedeschi

I 101 anni del carceriere di Mussolini
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Quanto sono lunghi centouno anni? Tanto, certamente, ma ancora di più quando li si è vissuti come ha fatto Ferdinando Tascini da Città di Castello (anche se è nato a Todi), che 101 anni li ha compiuti ieri. Uno che ha recitato un ruolo da non protagonista in una delle pagine più rilevanti della storia italiana del Novecento. Fu lui, infatti, da carabiniere, l’ultimo carceriere di Benito Mussolini a Campo Imperatore, sul Gran Sasso, dove il Duce era stato imprigionato - dopo un primo soggiorno a Ponza - in seguito alla sua deposizione il 25 luglio del 1943. Il Gran Consiglio del Fascismo lo aveva sfiduciato e il re Vittorio Emanuele III gli aveva comunicato che Pietro Badoglio avrebbe preso il suo posto come capo del governo. Poi, quarantanove giorni dopo, la liberazione di Mussolini in quella che era stata ribattezzata «Operazione Quercia».

Tascini ricorda tutto: «Erano le 14.30 del 12 settembre 1943 e non ero di turno. Stavo nella mia camera e a un certo punto sentii gridare che erano arrivati i tedeschi e mi affacciai dalla finestra. Vidi un aliante che era già atterrato e c’era un ufficiale con la mitraglietta pesante rivolta al la mia finestra. A quel punto so no stato fermo e aspettavo ordini, se impugnare le armi o arrenderci. Dopo ci ordinarono di scendere disarmati e arrenderci. Vidi tutti lì. I tedeschi avevano già circondato l’albergo, strinsero il cerchio e provarono a disarmare un ufficiale ma furono fermati dal tenente Faiola. Ormai il nostro compito finiva lì e con noi si comportarono abbastanza bene». Tascini ricorda anche come si comportò Mussolini: «Si affacciò ma non vedeva chi c’era. Voleva sapere chi fossero se americani o tedeschi. La sensazione era che Mussolini aspettasse più gli americani dei tedeschi».

La memoria non manca di certo a Taccini, sospeso tra quel giorno di ottant’anni fa e la festa di ieri nella residenza umbra di famiglia, con figli, nipoti e bisnipoti. «Se sono arrivato fin qui - dice - lo devo al buon Dio, poi alla mia famiglia, la vera essenza della vita, il luogo dove sono vissuto, la campagna, il buon cibo e tanto, tanto lavoro».

A Tascini, che coltiva il sogno di conoscere il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, «punto di riferimento e orgoglio per tutti noi», sono giunti gli auguri dell sindaco di Città di Castello Luca Secondi e della giunta.

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