I personaggi inclusivi non pagano: il flop del gioco woke "Concord"

"Black Myth: Wukong" ha messo in secondo piano l'inclusività e ha fatto centro. "Concord", al contrario, l'ha sbandierata come suo cavallo di battaglia ed è stato un disastro commerciale

I personaggi inclusivi non pagano: il flop del gioco woke "Concord"

Nell’ultimo periodo, a fare notizia nel mondo dei videogiochi sono state due produzioni molto diverse tra loro. Una è Black Myth: Wukong, gioco di ruolo action pubblicato da Game Science e ispirato dal celebre romanzo cinese Viaggio in Occidente. L’altra è Concord, un hero shooter creato da Firewalk Studio e pubblicato dalla Sony. Due prodotti appartenenti a generi completamente separati, ma legati dal doppio filo rosso della lotta e della difesa dell’ideologia woke.

Un tema sempre caldo, questo, nell’industria videoludica e in particolare negli ultimi anni. Spesso e volentieri, case di sviluppo hanno pubblicizzato le proprie produzioni sponsorizzando l’inserimento di feature legate al mondo del “risveglio”, spaccando le loro community e generando vere e proprie ondate di odio online. Il confronto Wukong-Concord potrebbe fare la storia di questo dibattito.

Per comprendere al meglio quanto accaduto, è necessario dare alcuni numeri. Wukong ha riscosso un successo assoluto, con quasi 2 milioni e mezzo di giocatori connessi il giorno del lancio. Il secondo numero più alto, questo, registrato nella storia di Steam, la più grande piattaforma di ridistribuzione digitale dell'industria. Lo sparatutto targato Playstation, invece, è stato un flop colossale: a fronte di un costo di sviluppo valutato attorno ai 100 milioni di dollari, il gioco ha venduto appena 25mila copie nella prima settimana, ha registrato un picco massimo di 660 giocatori e, a dieci giorni dall’uscita (23 agosto), i server sono stati chiusi, le vendite bloccate e sono iniziati i rimborsi.

Wukong
Uno screenshot di Black Myth: Wukong

La stampa di settore ha elencato tra le principali cause del fallimento di Concord il suo costo di 36 dollari (40 euro) in una categoria di giochi dove i maggiori competitor sono gratuiti, il poco marketing, la mancanza di idee innovative in un mercato saturo e i personaggi poco carismatici. Vi è un elemento, però, che è stato relegato in secondo piano da tutte le testate, ovvero la cosiddetta “crociata anti-woke” mossa da “una minoranza rumorosa”.

Nella schermata di selezione dei personaggi di Concord, infatti, diversi elementi saltano subito all’occhio. Il primo è la presenza dei pronomi con cui si identificano gli eroi, tra cui anche un robot. Il secondo è che il cast sembra essere uscito da un manuale di inclusività e progressismo, con tanto di rappresentanza dei maschi bianchi relegata ad un solo membro, aggiunto in un secondo momento. All’indomani dell’annuncio del gioco, questo ha generato una forte polemica in rete, alimentata dal fatto che Firewalk Studio si definisce sul suo sito “un team inclusivo” e dalla dichiarazione della Ceo Irena Pereira: “Aspettate che si accorgano del fatto che nessuno dei personaggi nella nostra alpha build è un maschio bianco. Nessuno. Tra sei”.

Schermata selezione personaggi concord
La schermata di selezione dei personaggi di Concord

Una sequela di dichiarazioni successive e l’inserimento nella discussione del lead character designer Jon Weisnewski, secondo cui “i bianchi devono riconoscere la loro posizione privilegiata e lavorare attivamente per promuovere l’uguaglianza”, hanno sicuramente fomentato una parte degli utenti sulle varie piattaforme social, i “crociati anti-woke”, ma una domanda sorge spontanea: quanti potenziali giocatori hanno semplicemente evitato di esprimere il loro parere online e, stanchi di queste continue forzature progressiste, non hanno comprato il gioco? Probabilmente in molti, visto il successo di Wukong.

Oltre ai risultati dirompenti, la produzione cinese è stata portata al centro dell’attenzione grazie alla recensione sul sito ScreenRant, in cui l’autrice dell’articolo si è lamentata della mancanza di inclusività e rappresentazione dei personaggi femminili, indicando come questa faccia sentire le videogiocatrici mal volute nel mondo creato da Game Science. Facendo una rapida ricerca su Google, si può trovare un lungo post sul forum di Steam, scritto da un utente che ha definito come “completamente inaccettabile l’esclusione di personaggi Lgbtqia+”. Eppure, i numeri parlano chiaro e rendono evidente il distacco tra gli sviluppatori e ciò che vuole il pubblico. Viene difficile credere che, tra gli oltre 2 milioni di giocatori di Wukong, non vi sia nemmeno una donna o un membro della galassia arcobaleno. E se Concord ha totalizzato numeri così bassi, forse non ha intercettato quelle sensibilità inclusive di cui voleva farsi campione.

Un discorso simile si potrebbe fare per decine di altri casi come Dragon Age: The Veilguard, quarto capitolo della celeberrima saga i cui sviluppatori hanno pubblicizzato i personaggi definendoli, tra le altre cose, “tutti pansessuali”. Affermazioni, anche queste, che hanno generato polemiche e che sono state percepite come superflue.

Fin dall’uscita di Dragon Age: Origins nel lontano 2009, infatti, questa serie di giochi di ruolo ha sempre avuto un cast molto diversificato ed inclusivo, senza però che vi fosse il bisogno di sbandierarlo ai quattro venti. In sostanza, forse è arrivato il momento che i vari studio facciano i conti con la realtà e si rendano conto di una fattore fondamentale: essere woke non paga.

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