“Non potete mettere alcun cancello, alcun catenaccio, alcun lucchetto alla libertà del mio pensiero”. Con questa frase Virginia Woolf espresse il concetto massimo di libertà: se esistono delle libertà individuali che vengono garantite dal diritto positivo (come la libertà di parola o di stampa), la libertà di pensiero appartiene naturalmente a ognuno, ma va coltivata.
Per tutta la vita Woolf si mosse all’interno di questa libertà, esplorando le prime pieghe storiche del femminismo reale nella letteratura. “Figlia”, discendente per estensione, di scrittrici e poetesse come Elizabeth Barrett Browning o Jane Austen, riuscì a definire un’idea di letteratura femminile completamente innovativa, tanto da risultare attuale ancora oggi.
Una vita di libri, una morte da acqua
Virginia Woolf nacque nel quartiere di Hyde Park a Londra il 25 gennaio 1882. La sua fu una famiglia numerosa, dato che i genitori si erano risposati dopo essere rimasti vedovi. Il padre Leslie Stephens fu scrittore e intellettuale, mentre la madre Julia Prinseps Jackson fu modella per vari pittori. Visse una prima fase della sua esistenza in maniera felice e stimolante: nel suo salotto passarono artisti come Henry James e T.S. Eliot, in particolare quando la famiglia si trovava nella casa delle vacanze a Saint Ives, in Cornovaglia.
Woolf studiò in casa parzialmente da autodidatta, com’era uso nella società vittoriana: la madre le insegnò il latino e il francese, mentre il padre le mise a disposizione la propria vasta biblioteca. Solo dal 1897 al 1901 condusse degli studi in un istituto, il King’s College di Londra.
Fin da piccola mostrò una particolare propensione per le lettere, con la composizione di racconti, diari e bollettini famigliari, ma il suo esordio letterario risale al 1905, quando iniziò a pubblicare sulla rivista Times. Dieci anni più tardi pubblicò a puntate il primo romanzo, La crociera. Tra il 1895 e il 1904 però la sua psiche fu sottoposta a duri copi: morirono i genitori e una delle sorelle. In più pare che lei e un’altra sorella fossero sottoposte ad abusi sessuali da parte di due dei fratellastri. Iniziarono così esaurimenti nervosi e crisi depressive che la portarono a tentativi di suicidio.
Per molti anni, supportata dalla sua scrittura e da persone che le volevano bene, Virginia Woolf riuscì a sopravvivere. Una di queste persone fu senz’altro il marito Leonard Woolf, che sposò nel 1912 e con cui fondò 5 anni più tardi la Hogarth Press, una casa editrice che pubblicò nel Regno Unito i romanzi di Virginia e degli autori legati al loro salotto letterario come appunto Eliot, ma anche Italo Svevo e James Joyce.
Al periodo della Hogarth Press appartiene gran parte della produzione romanzesca di Woolf, da Notte e giorno (1919), La stanza di Jacob (1922), Mrs. Dalloway (1925), Gita al faro (1927), Orlando (1928), Le onde (1931), Gli anni (1937). Scrisse però anche molti racconti, saggi e biografie. Anche durante il suo periodo di massima attività come scrittrice, ebbe un grosso ruolo nella comunità femminile: frequentò il movimento delle suffragette e diede ripetizioni alle operaie che non potevano permettersi di studiare.
La Seconda Guerra Mondiale ebbe però un impatto infausto sulla sua già minata salute mentale e nel 1941 portò a compimento la sua “morte per acqua”: mise dei sassi nelle sue tasche e si suicidò nel fiume Ouse, lasciando però una lettera di commiato e di ringraziamento per il marito Leonard. “Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone avrebbero potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia”, scrisse Virginia Woolf.
Vita e morte sono sempre stati per lei intrecciati, non antonimi. In uno dei suoi diari si legge: "Questo insaziabile desiderio di scrivere qualcosa prima di morire, questo senso divorante della febbrile fugacità della vita, che mi fa avvinghiare, come un uomo a una roccia, alla mia sola ancora”. Poco prima di morire completò infatti il suo ultimo romanzo, Tra un atto e l’altro, poi uscito postumo.
Un’innovatrice postmoderna
Alcune delle opere di Virginia Woolf sono da collocare all’interno del movimento modernista inglese, altre del postmodernismo. Fa parte di quest’ultima corrente sicuramente Orlando, un romanzo il cui protagonista cavalca i secoli cambiando genere, un’immagine metaforica della lotta al patriarcato che per Woolf si consumò tra le pagine dei suoi libri e anche in parte nella vita reale, dato che intrattenne una relazione con alcune donne, tra cui Vita Sackville West, cui il romanzo è dedicato, e che spesso vestiva abiti maschili.
Innovativi nello stile sono invece Mrs. Dalloway e Gita al faro, in cui Woolf ricorre al concetto di moments of being e utilizza i flussi di coscienza nei pensieri ma anche nel parlato. Mentre i flussi di coscienza ripercorrono il modo in cui il cervello umano passa da un argomento all’altro senza soluzione di continuità, i moments of being rappresentano invece, per usare una semplificazione, un ricordo o una consapevolezza che riaffiora a partire da un oggetto, come accadeva pure con le madeleine di proustiana memoria.
Un femminismo precorritore
“Una donna, se vuole scrivere romanzi, deve avere soldi e una stanza per sé, una stanza propria”. Tra le opere più celebri di Virginia Woolf c’è sicuramente Una stanza tutta per sé, un saggio romanzato che parla di come la letteratura femminile sia marginalizzata. Solo due anni prima della nascita di Woolf era morta Mary Ann Evans, meglio conosciuta come George Eliot: la scrittrice scelse un nome maschile per essere presa sul serio, una questione che nel XIX secolo era stata lambita anche oltreoceano nel romanzo Piccole donne di Louisa May Alcott. E in Gran Bretagna il diritto di voto alle donne era stato concesso solo una decina di anni prima, rispetto a quando quando il libro uscì.
Il fenomeno era in effetti vivo in tutto l’Occidente all’inizio del Novecento e lo sarebbe stato per decenni.
Ma Woolf fece qualcosa, in particolare nel Regno Unito, che cambiò la situazione per sempre: i suoi libri, a cavallo tra modernismo e postmodernismo, riuscirono a farsi strada formando e ispirando generazioni di scrittrici, che pian piano riuscirono a reclamare il loro “spazio” - “room” nel titolo originale di Una stanza tutta per sé significa infatti sia “stanza” che “spazio”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.