Nel Presepio il soldato romano ha il cuore più buio della notte. Canta con tristezza Guccini e vorrebbe essere una civetta

La civetta, piccola figura ieratica, avvolta in un piumaggio cenerino da cui spuntano due grandi occhi penetranti, è simbolo della capacità di vedere l'invisibile e di vivere nella notte

 Nel Presepio il soldato romano ha il cuore più buio della notte. Canta con tristezza Guccini e vorrebbe essere una civetta
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In un percorso di avvicinamento al Natale, iniziato la scorsa settimana, mi sto immaginando di incontrare in confessionale le statuine del presepio più solite, convinto che siano portatrici di messaggi, ma anche simbolo di dinamiche profondamente umane. Dopo l'oste di Betlemme mi scuote lo sferragliare dell'armatura luccicante ma un po' butterata del soldato romano.

«Scusi, don! Ha tempo per me? Anche se sono il lontano. Per lavoro non posso mai venire davanti al Signore. Mi mettono sempre appoggiato in fondo, in un angolo sulle montagne di cartapesta e non ce la faccio mai ad arrivare alla grotta. Vorrei ma non posso. Alla fine mi va bene così. La scusa del lavoro e delle tante urgenze è un meraviglioso alibi. A dire il vero non me la sento, non ne sono attratto, sto bene come sono e dove sono. Ormai mi sono abituato alle ombre. Lavoro con la notte intorno e vivo con il buio dentro. Però un suo socio mi ha detto che nella Bibbia la sentinella è uno dei personaggi più citati. Addirittura ho scoperto che una canzone di Francesco Guccini è presa dalla Bibbia, dal profeta Isaia. Credo che lei non conosca Guccini, come io non conosco Isaia».

Non lo lascio nemmeno finire di parlare e gli sussurro: «Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell. Sentinella quanto resta della notte?», titolo che il cantautore mantiene dal testo in ebraico. Il soldato mi guarda stupito: «Allora la conosce! Quante volte l'ho canticchiata fin

da ragazzo, ora mi dispiace che non si senta più da nessuna parte perché il testo è incredibilmente attuale, anzi direi che è su misura per me: quanto mi descrive! Lo so a memoria: La notte, udite, sta per finire, ma il giorno non è arrivato, sembra che il tempo nel suo fluire resti inchiodato. Ma io veglio sempre, perciò insistete, voi lo potete, ridomandate, tornate ancora se lo volete, non vi stancate. Cadranno i secoli, gli dei e le dee, cadranno torri, regni e resteranno di uomini e di idee polvere e segni, ma ora capisco il mio non capire, che una risposta non ci sarà, che la risposta sull'avvenire è in una voce che chiederà: Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell. Sentinella quanto resta della notte?. Troppo spesso sento che il buio è più forte dentro di me che fuori. Quante volte ho avuto nella mia vita esperienze di blackout, muovendomi a tentoni con paura, accartocciato su me stesso. Eppure come sentinella dovrei avere il coraggio di guardare dentro le ombre. Così fa la civetta, invece mi ritrovo a fare il gufo. Lei sa che differenza c'è tra la civetta e il gufo? La civetta, piccola figura ieratica, avvolta in un piumaggio cenerino da cui spuntano due grandi occhi penetranti, è simbolo della capacità di vedere l'invisibile e di vivere nella notte. Al gufo, invece, spetta un significato negativo, come uccello del malaugurio, annunciatore di morte perché il suo verso ricorda maggiormente un rantolo, per questo si dice gufare per chi porta sfortuna e vede solo il peggio. Quello della civetta al contrario assomiglia al fischio di una sentinella, al mio fischio quando sveglio la città. Nelle antiche culture il mio ruolo era ritenuto essenziale, nella buona e nella cattiva sorte, tanto che c'era la pena di morte per chi di noi si fosse addormentato. La sentinella ha attenzione ai pericoli per darne l'allarme; ha attenzione ai passi svelti dei messaggeri che portano buone notizie; ha attenzione alle opportunità di bene e benessere, di crescita e di arricchimento cogliendo il passare di occasioni, come i mercanti, per permettere scambi di ricchezze e di idee. La sentinella non solo difende, ma impreziosisce con la sua attenzione. A scuola avevo imparato che nel Medioevo alle porte delle cattedrali veniva scolpita una civetta perché chi usciva da credente doveva saper vedere attraverso il buio della vita. Vorrei saper trovare un nuovo perché al di là di mille se io, ma tu, però lui.

La mia più grande colpa è quella di vivere inscatolato come tonno nell'armatura della mia rassegnazione, comportandomi da cane da guardia ringhiante nel buio. Quanto invece sarebbe migliore la vita se imparassimo a guardare dalla parte dell'alba quanto resta della notte, Shomèr ma mi-llailah.

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