Per la prima volta nella storia della Rai, uno sciopero indetto dai giornalisti del servizio pubblico non vede l'adesione al 100%. Anzi: a parte il Tg3, tutti gli notiziari dei canali di Stato (ovvero Tg1, Tg2, RaiNews24 e diverse sedi regionali) sono andati regolarmente in onda in maniera pressoché integrale o comunque con pochissime riduzioni. L'obiettivo dell'Usigrai - abituato per anni assere il sindacato monopolista dei giornalisti Rai - è stato quindi completamente mancato: l'astensione del lavoro espressamente dichiarata contro il governo Meloni e prevista per tutta la giornata del 6 maggio non è riuscita ad attrarre il pubblico dalla parte dell'organizzazione sindacale di sinistra che aveva sollecitato lo sciopero.
Lo stato di agitazione annunciato da Usigrai era stato motivato da una volontà di porre uno stop al "controllo asfissiante sul lavoro giornalistico" e al tentativo di "ridurre la Rai a megafono del governo" di centrodestra, oltre a sottolineare un'"assenza dal piano industriale di un progetto per l’informazione della Rai". I sindacalisti hanno paralto di una difesa dell'"autonomia e indipendenza del servizio pubblico" della Rai "dal controllo pervasivo degli spazi d’informazione da parte della politica", aggiungendo che i giornalisti continueranno a battersi per assicurare ai telespettatori "il diritto a essere informati in modo equilibrato, affidabile e plurale".
Tuttavia a molti lo sciopero odierno è sembrato alquanto pretestuoso e basato tutto su convinzioni politiche più che aziendali, visto che il controllo della politica e della maggioranza di governo di turno sulla Rai esiste dalla notte dei tempi. E si fa estremamente fatica a ricordare prese di posizioni così nette da parte dei dipendenti della televisione pubblica quando al potere è stata ininterrottamente per anni la sinistra. Niente proteste per le "troppe censure" (che pure ci sono state negli anni a guida Pd, eccome) e neanche niente soprannomigloli tipo "TeleProdi", TeleD'Alema", "TeleLetta", "TeleRenzi" o "TeleGentiloni": all'epoca andava tutto bene perché non erano loro "avversari" o "nemici".
Tutto poi è diventato ancora più surreale in questo caso, anche perché l'Usigrai ha pensato bene di chiamare a raccolta perfino il Cdr di Repubblica per scagliarsi contro chi ha rivendicato, del tutto legittimamente, il diritto a non aderire a uno sciopero pretestuoso nei tempi e nei modi previsti. è il caso Unirai, sindacato nato a dicembre 2023 e che ad aprile ha anche firmato un protocollo di relazioni sindacali che riconosce una serie di prerogative (anche se quella di sedersi a trattare del contratto di lavoro ce l'ha al momento solo l'Usigrai). Guidata da Francesco Palese, di Rainews, ha 350 iscritti, soprattutto tra i graduati della Rai, che non hanno incrociato le braccia in tutto questo lunedì che doveva essere invece teoricamente caratterizzato dalle protesta.
Nelle scorse ore Unirai aveva prodotto un comunicato dicendo di non volersi fare "piegare dalle pressioni o dagli insulti di chi è stato abituato ad occupare la Rai". Le centinaia di colleghi presenti sul posto di lavoro anche oggi "perché contrari a una mobilitazione ideologica, possono e devono produrre quello che fanno ogni giorno e il frutto del loro lavoro deve andare in onda". Infine una polemica diretta contro l'Usigrai: "Chi si sente padrone della Rai deve semplicemente prendere atto che questa è la stagione del pluralismo. Domani andremo a lavorare insieme ad altri 16 mila dipendenti di questa grande azienda che va rilanciata e non infangata ogni giorno dopo averla lottizzata, in maniera abusiva, per decenni - conclude la nota -. È caduto il muro di Berlino, figuriamoci se non può cadere il monopolio dentro la Rai".
Parole che hanno fatto seguito a quelle di fuoco arrivate direttamente dai vertici di Viale Mazzini che avevano etichettato come "fake news" le parole del sindacato di sinistra che rischia seriamente di esporre "il servizio pubblico a strumentalizzazioni politiche, privando i cittadini del fondamentale diritto all'informazione, caposaldo della democrazia", ad appena un mese dall'importante appuntamento delle elezioni europee.
La giornata di oggi ha confermato naturalmente con adesioni allo sciopero (e non poteva essere diversamente stando ai numeri differenti), ma a questi hanno risposto altrettanto numerosi colleghi che si sono presentati nelle redazioni tentando di svolgere il proprio dovere, senza paralizzare il servizio pubblico. Ma per gli intellettuali di sinistra questi "crumiri" hanno rappresentato una sorta di "lesa maestà" nei loro confronti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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