La Spoon River di morti da lavoro spesso senza un colpevole 

Il 2024 è stato un cimitero pieno di croci, che chiamiamo bianche come se fossero così meno luttuose, meno apportatrici di dolore e lacrime

L'incendio nell'impianto Eni visto dalle aziende vicine
L'incendio nell'impianto Eni visto dalle aziende vicine
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L’Italia è una repubblica fondata sulle morti sul lavoro. Il 2024 è stato un cimitero pieno di croci, che chiamiamo bianche come se fossero così meno luttuose, meno apportatrici di dolore e lacrime. I numeri sono impietosi: nei primi dieci mesi, secondo quanto reso noto dall’Inail, i decessi sul lavoro regolarmente denunciati sono 890, un numero che fa immaginare che saranno quasi certamente superati i 1.041 del 2023, con una media di decessi di tre al giorno. Va notato peraltro come queste cifre siano probabilmente sottodimensionate perché molti decessi non vengono denunciati e quindi non finiscono nelle statistiche. Un sommerso dell’orrore alimentato da pratiche di sfruttamento, di ricatto, di abiezione.

I nomi dei lavoratori morti, a elencarli tutti, riempirebbero questa pagina di giornale. Nomi sconosciuti, vittime mute, eroi silenziosi, lacrime asciutte. Poi certo, alcune tragedie hanno segnato la storia di quest’anno cupo. L’ultima che ricordiamo è quella di Calenzano, vicino a Firenze, dove il 9 dicembre l’esplosione di un deposito Eni provoca cinque morti e 26 feriti. Le cause dell’incidente non sono ancora chiare, l’impianto è stato sequestrato per due mesi per l’inchiesta, ma è certo che ci sia stata una perdita di carburante da un tubo al quale mancavano i bulloni di sicurezza nel punto in cui le autobotti effettuano il rifornimento di carburante. Ma di chi sia stata la colpa è un’altra faccenda, nessuni ancora lo sa. L’anno delle stragi inizia però il 16 febbraio a Firenze, in via Mariti, alle 8,52 del mattino, quando nel cantiere per la costruzione di un supermercato Esselunga si stacca una trave lunga 20 metri e pesante 5 tonnellate che piomba sui lavoratori sottostanti, uccidendone cinque e facendo diversi feriti. Un video mostra il momento in cui inizia il cedimento della mensola, ma mesi di indagini non sono serviti finora a chiarire chi abbia sbagliato e come.

Il 9 aprile nuova mattanza: nella centrale idroelettrica di Bargi sul lago di Suviana, nell’appennino tosco- emiliano: muoiono sette operai e cinque restano feriti a causa dell’esplosione avvenuta all’ottavo piano sotto il livello dell’acqua dell’impianto, durante la fase di collaudo dopo i lavori straordinari di manutenzione che prevedevano la sostituzione delle valvole rotative installate alla fine della condotta forzata. Quel lago ha le acque verdi che sembra una cartolina. Saluti e baci, di dolore.

Passa meno di un mese e il 6 maggio a Casteldaccia, nel Palermitano, alcuni operai di una ditta esterna incaricata della manutenzione dell’impianto Amap per il sollevamento delle acque reflue, perdono la vita a causa delle esalazioni di idrogeno solforato.

Il 23 ottobre, a Bologna, l’esplosione in un capannone della Toyota Material Handling provoca due morti, un ferito grave e una decina di feriti lievi.

E poi c’è lui, Satnam Singh, forse l’uomo simbolo di questa Spoon River con il martello in mano. Anzi, la falce.

Lavoratore agricolo indiano, 31 anni, mentre lavora in un campo viene schiacciato da un macchinario che gli trancia un braccio, i suoi datori di lavoro lo caricano in auto e lo abbandonano davanti casa. Morirà due giorni dopo.

Ma quale morte bianca, questa è schizzata di sangue e vergogna.

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