Il Natale sta arrivando, ma lo si aspetta oppure gli si va incontro? Ho l'impressione di vivere in questi giorni in un copione teatrale. Bellissimo, ma sempre lo stesso. Vi confesso di sentirmi dentro un'opera di Samuel Beckett, Aspettando Godot. Per tutto il tempo si attende il protagonista che però mai arriva. Gli attori si agitano non sapendo cosa fare. L'ultima battuta del testo è «Andiamo!», ma la notazione scenica aggiunge: «Non si muovono». Mi assomigliano. Ho pensato perciò di farmi prendere per mano dalle statuine più famose del presepio, quelle che tutti vedono ma che nessuno conosce.
Dopo l'oste di Betlemme e la sentinella del castello, oggi mi trovo in confessionale un vecchietto. Arriva con il nipotino, che lo guarda con gli occhioni luminosi mentre si mette davanti a Dio e soprattutto dentro se stesso. «Posso appoggiare qui il mio cappello? Non vorrei perderlo, per me non è solo un oggetto ma è un segno identitario tanto che molti mi conoscono come il vecchio con il cappello che tiene per mano il bambino. Per me essenziale è anche l'altra mano, quella sulla fronte per aiutare i miei occhi a scrutare l'orizzonte. Questo atteggiamento però è anche la mia debolezza. Non credo sia peccato, è più un'inquietudine. Non ho mai smesso di essere curioso e ho continuato a ripetere a me stesso e a tutti: Sono certo, verrà!. Molti mi hanno preso in giro dicendo che era solo un'illusione. Al mio nipotino ho sempre promesso che il futuro sarebbe stato dono del re dei re. E quando lui
mi chiede avrà la corona d'oro, il manto rosso e la spada luccicante?, io gli rispondo di sì, ma dentro ho tanti dubbi. Lo spero, ma non arriva mai. Questa notte però ho fatto un sogno strano, forse perché ieri ho sentito il mio piccolo esercitarsi con il flauto. Mi sono trovato catapultato in quella lontana notte di Betlemme. Stavo correndo agitato con tanti altri alla grotta, ma quel che trovammo non era un re con corona d'oro, manto rosso, spada luccicante: era un bimbo povero tra poveri. Mio nipote era scappato lontano, deluso. Aveva pensato per tanto tempo che la musica del suo flauto potesse essere apprezzata da un vip e avere in cambio successo e fama e qui non c'era altro che un neonato piangente. Nessuno riusciva a calmarlo. Ad un certo punto rivedo mio nipote vicino alla culla. Tormentato dal vagito, era tornato, aveva preso il suo flauto e aveva cominciato a suonarlo dolcemente.
«A quella musica il singhiozzare aveva lasciato il posto ai sorrisi. Nel sogno ho avuto l'impressione che gli occhi luminosi del poppante e i miei commossi di nonno lo avessero fatto sentire ricco e realizzato perché aveva scoperto l'amore senza riserve. Poi mi sono svegliato e mi è rimasta la domanda: nella realtà tutto questo funziona? Sono convinto, da povero vecchio, che nonostante le mie gambe traballanti e i miei passi incerti, appoggiandomi a mio nipote ho in mano quella speranza che fa buttare il cuore oltre ogni ostacolo, oltre ogni
dubbio, oltre ogni peccato. Quanto vorrei che le rughe del mio volto fossero per mio nipote le righe sulle quali leggere il valore della vita per continuare a scrivere la sua storia.
«A Messa lei, don, ha detto che oggi comincia l'Avvento. Non so a quanti interessi davvero. Per un'anima callosa e incallita come la mia, provata da tanti sbagli, quel mistero che lei mette in evidenza non è tanto un evento quanto un'avventura. Un evento è qualcosa di stabilito che chiede ritualità nei dettagli e fissità di organizzazione, ma, una volta celebrato, si smonta e al massimo lascia un vago ricordo. L'Avventura invece ha nel suo Dna l'incertezza, la scommessa giornaliera, le sorprese della quotidianità, le delusioni del feriale, le strade sbagliate: riparte nuova ogni giorno e coinvolge. Per me la fede assomiglia di più a un'avventura che a un evento. Se è così, allora viene voglia di venire alla luce ancora anche a me!».
Gli occhi di questo vecchio e il sorriso del suo nipotino mi hanno dato
la prova che la vita può essere capita guardando indietro, ma può essere vissuta solo guardando avanti. Tra passato e futuro c'è quel posto dove per ognuno la ricerca di senso si fa speranza. Come lui, sono certo, verrà!
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