Può il proverbiale Cuore Sportivo dell’Alfa Romeo essere contenuto dentro a un petto di lamiera e bulloni buono per il fuoristrada? Sfogliando le pagine della lunga storia della Casa di Arese viene da rispondere con un "sì", grazie a un modello unico nel suo genere che è stato soprannominato amorevolmente “Matta”. Il suo vero nome, però, è 1900 M (AR51-52) sicuramente meno poetico di quello affibbiatole da un alto funzionario del Biscione, l’ingegnere Antonio Alessio, che vedendola all’opera per la prima volta salire e scendere la scalinata della Basilica di Assisi durante una delle presentazioni al pubblico, esclamò: “questa è proprio matta!”. I tratti della sana follia, li hanno anche le vicende che spingono la casa italiana a cimentarsi in un progetto tecnico fino a quel momento inedito e soprattutto insolito.
Il bando del ministero della Difesa
Siamo nel 1950, nella sede del Portello a un tiro di schioppo da Milano, i dirigenti dell’Alfa Romeo si fanno ingolosire da un bando indetto dal ministero della Difesa della Repubblica Italiana, in cui si richiede la fornitura di un fuoristrada leggero per le missioni di ricognizione. All’apparenza si tratta proprio di qualcosa di assolutamente estraneo al portfolio del Biscione, specializzato invece in auto di lusso e fuoriserie sportive. L’occasione, tuttavia, è ghiotta perché partecipare vuol dire, da una parte dare una stoccata ai rivali della Fiat, perché voci di corridoio informano i milanesi che a Torino stanno preparando la Campagnola da dare all’esercito, dall’altra sfornare un veicolo bello, forte e innovativo ne gioverebbe all’immagine di un marchio che vuole di nuovo consolidarsi ai piani alti dell’automobilismo italiano e internazionale. Milano porta ancora i segni e le cicatrici della Seconda Guerra Mondiale, a cinque anni di distanza dalla fine del conflitto lo stabilimento Alfa Romeo non è stato ancora ricostruito integralemente. La 1900 M può essere la chance giusta per stupire e ripartire.
Il progetto affidato all’ingegner Busso
I vertici del Biscione affidano le chiavi del progetto a un ingegnere che farà la fortuna di Alfa Romeo, Giuseppe Busso, che stavolta non deve badare ai costi; il budget è infatti illimitato. Al progettista spetta comunque un gravoso compito che è quello di sfornare nel più breve tempo possibile un fuoristrada che faccia dimenticare in un istante le vetuste Jeep Willis dell’esercito italiano, eredità degli Alleati che hanno liberato il Paese pochi anni prima, ma soprattutto di saper prevalere a livello specialistico su quanto proposto dai rivali della Fiat. Si dice che i più grandi osservino ciò che di buono sappiano fare gli altri, ne estrapolino i punti forti per creare, infine, qualcosa di personale e differente. E succede così anche con la “Matta”, che ha come fonte di ispirazione un 4x4 innovativo per gli anni ‘50, il neonato Land Rover 80, che l’ingegner Busso studia e approfondisce in prima persona. Dunque, viene prelevato un esemplare del fuoristrada britannico al quale viene trapiantato il motore dell’Alfa 1900 da 90 CV, poi appurato il suo funzionamento, vengono realizzati un telaio, una ciclistica e una carrozzeria totalmente nuovi.
Nel 1951 partono i primi test, con la 1900 M che viene sottoposta a dure prove dall’esercito italiano, in comparazione con la sua rivale Fiat Campagnola e con la Jeep Willis. A Serravalle in Chienti, un’area attrezzata per questa tipologia di esami, si capisce subito che stavolta l’Alfa non ha fatto centro al primo colpo, servono urgentemente delle modifiche. In dieci mesi, la “Matta” arriva alla sua forma definitiva e migliora ogni tipo di criticità presentata nella fase di sviluppo. Il fuoristrada del Biscione è inarrestabile, scavalca dossi e pietraie senza batter ciglio, è furioso come un cinghiale selvaggio in un bosco, e tanto a suo agio nel fango quanto nell’acqua. Guada fiumi e torrenti, supera ogni ostacolo e guadagna le copertine. All’Autodromo di Monza in occasione del Gran Premio di Formula 1 del 1951, la “Matta” viene esibita davanti a una folla festante con Nino Farina al posto di guida. L’italiano è il campione del mondo in carica di Formula 1, successo ottenuto proprio grazie all’Alfa Romeo. Una bella vetrina che piace a tutti.
La “Matta” perde con la Campagnola
Non si è badato ai costi di produzione sulla “Matta”, il primo e unico fuoristrada dell’Alfa Romeo che viene realizzato interamente in modo artigianale, mentre tutte le sue componenti sono originali e a lei dedicate (telaio, trasmissione, sospensioni, sterzo e cambio). La meccanica del 4x4 del Biscione dimostra un alto livello tecnologico e un’efficacia in offroad esemplare; tuttavia, il prezzo non pende dalla sua parte: 1.935.000 lire. Dopo alcuni mesi al servizio dell’esercito italiano, e alcuni migliaia di esemplari di “Matta” con la divisa camouflage, il Ministero della Difesa sceglie definitivamente, per motivi economici, la Fiat Campagnola che ha un prezzo di soli 1.600.000 lire. Nel complesso la 1900 M si dimostra nettamente superiore alla Fiat e addirittura alla Land Rover 80, ma questo non basta. La Fiat oltre ad avere un costo inferiore, ha delle spese di gestione e un consumo medio più bassi. Per l’economia di scala, l’Alfa Romeo “Matta” viene scartata.
La produzione nello stabilimento di Pomigliano d’Arco continua con una versione civile nel 1953, con pochi esemplari ma molto raffinati. Il 4x4 del Biscione sceglie anche il campo agonistico e si fa notare nelle corse, come ad esempio nella Mille Miglia, e come vettura ammiraglia per il grande Fausto Coppi nella sua impresa vittoriosa al Tour de France 1952.
La “Matta” esce di scena nel 1955 senza una vera erede; infatti, l’Alfa Romeo non sfornerà più una vettura a ruote alte fino al 2017, quando presenterà la Stelvio, che possiede - anche - la trazione integrale come la sua antenata ma non ha delle velleità spiccatamente da offroad. In conclusione, il Cuore Sportivo si può scovare anche nel petto di acciaio della “Matta”, un veicolo singolare e pazzo come il suo soprannome.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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