![Crescita sotto l'1% annuo nel triennio 2024-2026](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/01/14/1736865580-banknotes-7850299-1280.jpg?_=1736865580)
Un sentiero restrittivo della politica fiscale e un contesto europeo debole sono i principali fattori che spiegano una crescita economica dell'Italia inferiore all'1% nel triennio 2024-2026. È quanto emerge dallo studio Svimez-Ref Ricerche "Dove vanno le regioni italiane", che prevede un Pil a +0,6% nel 2024, seguito da una crescita dello 0,7% nel 2025 e dello 0,9% nel 2026. Il Mezzogiorno, dopo due anni di crescita superiore al Centro-Nord, tornerà a rallentare a partire dal 2025.
Le cause del rallentamento
Il rapporto Svimez-Ref evidenzia come il rallentamento della crescita sia legato a fattori comuni all'area euro, tra cui il ripristino dei vincoli del Patto di Stabilità a partire dal 2024. A questi si aggiungono ulteriori elementi di incertezza, come l'eventuale inasprimento dei dazi sulle esportazioni verso gli Stati Uniti in caso di un nuovo mandato di Donald Trump.
Altre cause di debolezza individuate nel rapporto includono:
Recessione dell'industria, dovuta a un calo della domanda per beni durevoli, con una crisi particolarmente marcata nel settore automotive.
Debolezza del commercio internazionale.
Aumento dei costi dell'energia.
Quadro di finanza pubblica nazionale restrittivo, con una contrazione del deficit concentrata nel biennio 2024-2025.
Dipendenza dell'industria italiana dall'export e dall'industria tedesca, anch'essa in fase di rallentamento.
Le previsioni per le regioni italiane
Nel 2025 le regioni più dinamiche saranno:
Veneto (+1,2%)
Lombardia (+1,1%)
Emilia-Romagna (+1,0%)
Queste regioni, più strutturate, riusciranno a compensare la debolezza dell'export con una tenuta della domanda interna. Al contrario, si prevede un andamento più debole per:
Umbria (+0,2%)
Liguria (+0,4%)
Puglia e Molise (+0,5%)
Nel 2024, invece, il Sud è cresciuto più del Centro-Nord (+0,8% contro +0,6%), e il divario rispetto al resto del Paese si è un po’ ridotto. Due i principali fattori alla base di questa dinamica:
L'incremento degli investimenti in costruzioni, che continuerà a essere una componente trainante della domanda.
L'effetto positivo del Pnrr, da cui dipende circa il 60% della crescita del Mezzogiorno.
Il parere degli esperti
Secondo il direttore della Svimez, Luca Bianchi, "Dopo un 2024 in cui il Sud è cresciuto, per il secondo anno consecutivo, più del Nord, il rallentamento dell'economia insieme all'avvio di un percorso restrittivo di politica fiscale europeo rischiano di indebolire gli importanti segnali di ripresa dell'economia meridionale. Accelerare l'attuazione del Pnrr e sostenere con politiche industriali attive le imprese innovative sono le chiavi per non rassegnarsi al ritorno alla normalità di un Paese a due velocità".
Per Fedele De Novellis di Ref Ricerche, "la crisi europea è una crisi dell'industria europea. Ha necessariamente impatti territoriali differenziati, e in Italia colpisce maggiormente le regioni manifatturiere del Nord. Tuttavia, la resilienza del Mezzogiorno deve molto al contesto di politiche più favorevoli. L'avvio della fase di consolidamento fiscale secondo la traiettoria indicata nel Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine sottrae spazi alle politiche di bilancio. Anche la ripresa dell'occupazione potrebbe arrestarsi a breve".
Infine, il presidente della Svimez, Adriano Giannola, sottolinea: "Due aspetti emergono dalle previsioni Svimez: si riapre il divario tra Nord e Sud, dopo due anni in cui il Mezzogiorno, grazie
al Pnrr, aveva vissuto una stagione di normalità. E anche la ripresa del Nord, trainata dall'export, rischia gli effetti della mina Trump. Per il Meridione la strada praticabile resta cavalcare l'opportunità mediterranea".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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