Exor, la holding che fa capo alla famiglia Agnelli, ha archiviato un 2023 sostanzialmente positivo. Analizzare la performance di una conglomerata (vieppiù quando la sua proprietà è notissima) richiede un attento scrutinio non solo dei numeri, ma anche delle parole. Per quanto riguarda i dati finanziari, si rileva l’incremento del Nav (Net asset value), il valore netto degli attivi, che si è incrementato del 25,8% a 35,5 miliardi di euro. La crescita è legata agli ottimi andamenti - sia in Borsa che nei profitti - di Ferrari (22,9%, 34,5% dei diritti di voto) e di Stellantis (14,2%). Il 2024, invece, dirà se Philips, di cui il 15% per 2,8 miliardi fu acquisito lo scorso agosto, sarà stata una scelta azzeccata. Intanto la cassaforte degli Agnelli ha confermato rispetto al 2022 sia l’utile consolidato a 4,2 miliardi che il monte dividendi a 100 milioni (0,46 euro per azione).
Quando si passa all’analisi dei messaggi inviati dal Ceo di Exor, John Elkann, nella lettera agli azionisti, il discorso cambia. «Il 2023 ha segnato il quinto anniversario dalla scomparsa» di Sergio Marchionne, uno «straordinario leader e meraviglioso amico, la cui eredità continua», ha scritto il presidente di Stellantis. «Sergio era stato nominato ad di una Fiat sull’orlo della bancarotta e ci ha mostrato che l’impossibile è possibile; oggi vediamo lo stesso coraggio e la stessa tenacia nella leadership di Stellantis». Un chiaro assist all’attuale Ceo del gruppo automotive franco-italiano, Carlos Tavares.
Ed è proprio qui che le parole non seguono i numeri: se è vero che Stellantis ha ottenuto 18,6 miliardi di utili nel 2023 (+19% annuo), è vero anche che il risultato è frutto di un’asimmetria. Come comunicato dai sindacati pochi giorni fa, da quando Fca e la francese Psa si sono fuse si sono persi circa 12mila posti di lavoro in Italia e altri 3.500 circa sono in bilico anche perché la produzione si è contratta pure nel primo trimestre 2024. Non è un caso che ieri il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, riferendosi al nuovo mini-Suv Alfa abbia dichiarato che «non si può produrre in Polonia un’auto che si chiama Milano» perché «non bisogna dare indicazioni che inducano in errore il consumatore», come prevede la legge sull’Italia Sounding. Immediata la replica di Tavares. «Se fosse costruita in Italia, costerebbe 40mila euro anziché 30mila», avrebbe dichiarato secondo quanto ha riferito Automotive News.
Non ci sono solo le scaramucce con il governo sull’Italia sempre meno centrale per Stellantis, a differenza di quanto auspicava l’italiano Marchionne, anche nell’editoria qualcosa non va. «Continuiamo a credere nell’importanza di un giornalismo affidabile e di qualità, specialmente in un mondo in cui a volte è difficile fidarsi di ciò che leggiamo», ha detto Elkann a proposito di Gedi (89,6%) che pubblica Stampa e Repubblica.
E proprio a Largo Fochetti il direttore sfiduciato Molinari ha cambiato un editoriale poco indulgente con le mire francesi sulle imprese italiane, mandando al macero la versione precedente dell’inserto. Forse per non indispettire Stellantis. È vero: a volte fidarsi, come scrive Elkann, è difficile....
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