ROMA - Le banche che basano la loro attività sulla intermediazione a supporto diretto dell'economia hanno una minore probabilità di sperimentare una crisi finanziaria. Infatti, gli istituti che hanno sperimentato in misura inferiori gli effetti della recessione sono stati quelli più concentrati, con maggiore redditività derivante dall'attività di raccolta del risparmio e di finanziamento dell'economia e con articolate regole di vigilanza. Date anche le caratteristiche della crisi, il livello del capitale non è risultato determinante.
È quanto emerge dall'edizione speciale di «Temi di Economia e Finanza», pubblicata dall'Abi, che ha individuato le variabili che hanno influenzato la probabilità di essere classificato come un settore bancario in crisi dal Fondo Monetario Internazionale.
Lo studio, svolto con strumenti econometrici, si è concentrato su 83 settori bancari, sia emergenti che sviluppati tra il 1998 ed il 2008, analizzando come fattori macroeconomici, finanziari e bancari hanno influenzato la probabilità di crisi nel 2008.
I settori bancari con una maggiore redditività dell'attività di intermediazione creditizia, innanzitutto, hanno avuto una minore probabilità di essere in crisi nel 2008. Infatti, nei paesi in cui si verifica tale circostanza, le banche hanno forti incentivi a rimanere su forme di attività più direttamente collegate al supporto dell'economia (es. prestiti a imprese e famiglie) invece di spostarsi verso forme di attività non tradizionali e più rischiose (ad esempio il trading). In secondo luogo, settori bancari più concentrati hanno una minore probabilità di crisi e, dunque, risultano più stabili. In ultima istanza, settori bancari che presentano più puntuali e articolate forme di vigilanza nelle diverse attività che le banche possono svolgere hanno una minore probabilità di crisi. Questo risultato sembra confermare l'opportunità di una regolamentazione che consideri le peculiarità dei diversi segmenti di operatività bancaria.
Per abbassare la probabilità di crisi finanziarie, conclude lo studio, sembrano maggiormente incisive le iniziative mirate a ridurre la cartolarizzazione di prestiti di bassa qualità e quelle che incentivano una migliore comunicazione riguardo alla rischiosità effettiva dell'attività bancaria.
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