Nessun ritiro, le nostre truppe resteranno in Libano. «Il governo italiano - dice Silvio Berlusconi - manterrà la presenza dei propri militari impegnati nell'ambito della missione Unifil a Sidone». E Saad Hariri ringrazia «per questo impegno che dura nel tempo». Il premier libanese si dice «grato per il ruolo storico, importante, utile, svolto dal vostro Paese soprattutto nel 2006, quando ha ospitato la conferenza internazionale che ha aperto la strada all'accordo per la risoluzione Onu numero 1701». La situazione, nel Paese dei cedri adesso è sostanzialmente migliore. «Crediamo fortemente che la moderazione può vincere sull'estremismo, che la pace può vincere sulla guerra, che la speranza può superare la frustrazione. Ma dobbiamo lavorare insieme, tutti noi, perchè questo accada».
Hariri, quarant'anni l'altro giorno, incontra Napolitano, Berlusconi, Fini, Schifani, Fassino e trova ovunque orecchie molto attente. Beirut, stretta tra le pressioni israeliane, l'ingombrante vicino siriano e le minacce nucleari iraniane, punta molto su Roma per consolidare i sui gracili assetti istituzionali. Il Cavaliere garantisce il suo appoggio. «Ad Hariri, che ha manifestato apprezzamento per l'opera del nostro generale Graziano, ho assicurato il mantenimento delle nostre truppe in Libano e la mia attività per indurre l'Unione Europea ad interessarsi di più del Libano. Credo che l'Ue debba essere protagonista di una politica estera più preoccupata di ciò che avviene nella regione mediorientale».
Berlusconi ricorda il padre di Haruiri, Rafik, «di cui mi onoravo di essere amico, assassinato cinque anni» e del quale Saad «ha raccolto eredità portando avanti un disegno di modernizzazione dello Stato dando prova di grande coraggio, quotidianamente, nel guidare il governo di un Paese dilaniato da situazioni interne e dei vicini che sono ancora conflittuali». L'Italia, aggiunge, si impegna «a continuare nella sua attività di supporto del Libano in qualità di sinceri e convinti amici: e oggi si è parlato di ciò che si può fare per il supporto allo sviluppo anche dell'economia libanese, che sotto guida di Hariri non sta soffrendo della crisi internazionale e nell'ultimo anno ha avuto crescita dell'8 per cento». Roma dunque continuerà nel mantenimento di relazioni culturali e commerciali: «Siamo il secondo Paese esportatore dopo la Cina».
Hariri incassa l'appoggio, ma invita a fare presto. «Oggi siamo di fronte a una vera opportunità di pace per la regione, incentrata sul diritto di ritorno dei palestinesi in un loro stato, con Gerusalemme capitale, così come sul ritiro di Israele dalle alture del Golan e dalle fattorie libanesi di Shebaa». La comunità internazionale, sostiene il primo ministro di Beirut, ha il pallino in mano., «L'Unione Europea, gli Stati Uniti e il Quartetto di recente hanno mostrato un concreto impegno per arrivare a una soluzione. Il conflitto arabo-israeliano e la situazione in Palestina sono la priorità sulle nostre agende».
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