Istanbul - I nove attivisti morti durante il raid israeliano sulla flottiglia per Gaza sono otto turchi e un americano di origine turca, e sono stati tutti raggiunti da colpi d’arma da fuoco. Intanto il presidente turco Abdullah Gul ha detto che i legami della Turchia con Israele "non saranno mai più gli stessi" dopo il blitz contro la flotta. In Italia fanno rientro i sei attivisti rapiti che denunciano maltrattamenti e percosse da parte dell'esercito israeliano. "Vi sono stati degli episodi su cui occorre fare luce e noi chiederemo chiarimenti sulle violenze denunciate", ha subito fatto sapere il ministro degli Esteri, Franco Frattini.
Il ritorno in Turchia Centinaia di attivisti turchi filo-palestinesi coinvolti nell'assalto israeliano al convoglio navale diretto a Gaza sono rientrati all'alba in patria, accolti trionfalmente da quasi 10mila persone in attesa da ore all'aeroporto internazionale Ataturk di Istanbul. La maggior parte dei 466 passeggeri a bordo dei tre velivoli della Turkish Airlines atterrati dopo le 2 locali erano turchi, ma con loro hanno viaggiato anche cinque italiani, britannici, spagnoli, olandesi e danesi. I tre aerei hanno trasportato anche le semplici bare di legno contenenti le salme delle nove vittime del blitz, quattro delle quali turche.
Santa Sede: "Stop embargo" "E' evidente dopo
questo incidente che la politica adottata di questo isolamento della
Striscia di Gaza non può funzionare, perchè bisogna prima di tutto
dare una risposta positiva ai diritti fondamentali di cibo, di acqua,
di medicinali, di educazione per la popolazione di Gaza",
ha detto monsignor Silvano Tomasi osservatore permanente della Santa Sede
presso l’ufficio Onu di Ginevra. "Dobbiamo considerare l’incidente dei giorni scorsi - ha
aggiunto - come uno dei tanti eventi che sono allo stesso tempo causa
e risposta all’instabilità politica e militare del Medio Oriente". "Quindi - ha proseguito - dobbiamo tutti incoraggiare la comunità
internazionale e i Paesi più direttamente interessati a lavorare per
una soluzione di lunga durata che non può essere altro - a questo
punto - che quella di uno Stato palestinese e di uno Stato israeliano
sicuro, in modo che tra i due si possa eventualmente non solo
rispettare le regole dell’indipendenza ma anche aprire la porta alla
collaborazione"
Zani: "Rapiti e picchiati" Un sacchetto per il vomito di quelli che ti danno sugli aerei, una bandana blu, due pacchetti di sigarette vuoti, due batterie per la telecamera, ma senza telecamera. E' tutto quello che è rimasto a Manuel Zani, videodocumentarista di 30 anni, dopo il blitz israeliano contro il convoglio di attivisti filo-palestinesi diretti a Gaza. Al suo arrivo a Istanbul questa notte, insieme con gli altri cinque attivisti italiani - Angela Lano, Giuseppe Fallisi, Ismail Abdel Rahim Qaraqe Awin e Marcello Faracci - Zani, il più giovane del gruppo, è più arrabbiato che provato: "Avevo con me 10mila euro di attrezzature - le hanno sequestrate, chissà se le riavrò mai indietro". Un'esperienza dura quella che ha vissuto insieme con gli altri connazionali: prima l'assalto alla nave su cui viaggiavano, la '8.000', poi l'arresto e la permanenza in prigione. "L'assalto dei soldati israeliani che si sono avvicinati alla nostra nave a bordo dei gommoni sembrava una scena di 'Apocalypse now'", racconta citando il film di guerra di Francis Ford Coppola. Ora che è arrivato in Turchia, Zani si dice "sollevato", ma "in Israele non ci torno neanche morto".
Fallisi: "Dopo le botte ci mandavano i medici" Sollevato, ma visibilmente più stanco, è il tenore Giuseppe Fallisi, 50 anni. Nei suoi occhi, ancora un velo di paura e incredulità per ciò che ha visto e sentito sulla sua pelle: "Siamo stati picchiati dalla polizia, prima sulla nave dai militari e poi ancora poco fa all'aeroporto di Tel Aviv", racconta. "Ci picchiavano ad esempio se non ci sedevamo, e dopo averci picchiati mandavano i medici a visitarci".
Lano: "Negato ogni diritto" Chi, invece, pur essendo molto provata dall'esperienza, non vuole denunciare le violenze subite e ribadire invece le motivazioni profonde che l'hanno portata sul quel convoglio è la giornalista torinese Angela Lano, 47 anni: "Siamo stati rapiti - si sfoga -, sia sulla nave che in prigione, dove non avevamo nessun tipo di diritto: non potevamo fare telefonate, chiamare i nostri avvocati. Sono anni che mi occupo di Palestina. A bordo non c'erano terroristi. Solo persone normali, disarmate armate solo del loro corpo", prosegue. E c'è chi, a solo pochi minuti dal suo rilascio, già pensa al prossimo viaggio.
L'italo-palestinese: "Vogliamo rifarlo" Come l'italo palestinese Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin: "Abbiamo
fatto questo sacrificio per la gente di Gaza - dice con rabbia -, per quel milione e mezzo di palestinesi che sono in galera. Vogliamo farlo ancora. Vogliamo che il governo italiano e di tutto i Paesi del mondo capiscano".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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