
Confesso di preferire David Mamet (1947) come sceneggiatore, certi sui film sono, infatti, impressi nella mia memoria, come «Il Verdetto», «American Buffalo», «Mercanti di bugie», ma soprattutto «Vanya sulla 42esima strada» (1989), con l'ultima regia di Louis Malle. Si trattò di una versione alquanto originale di uno dei capolavori di Cecov, messo in prova, in un teatro da demolire, nella 42esima strada, che metteva in evidenza il conflitto tra attori e personaggi, tale da non permettere l'andata in scena. Per quanto riguarda il teatro, le mie preferenze vanno a «Glengarry Glen» che vidi in una versione dello Stabile di Genova, regia di Luca Barbareschi (1985), storia di un licenziamento di quattro dipendenti di un'agenzia immobiliare che, ciascuno a suo modo, fanno di tutto per non perdere il posto. Di «Boston Marriage», ricordo una versione di Franco Però, dal successo incerto, mentre l'edizione, con la regia di Gianluca Sangati, al Teatro Franco Parenti, da oggi, 8 Aprile, nella traduzione di Masolino D'Amico, coadiuvato, per le scene da Alberto Nonnato e, per i costumi, da Gianluca Sbicca, con l'interpretazione di Maria Paiato, mi è sembrata alquanto originale, dato che si caratterizza per una idea visibile, all'inizio dello spettacolo, quando, in alto a destra, si legge «On Air», ovvero «In onda», come dire che lo spettatore è invitato a vedere uno spettacolo televisivo che sta andando in onda, in una scena pensata per una simile trasposizione.
Certo, il testo di Mamet fa pensare a «Le Bostoniane», diventato anche un film al maschile: «I Bostoniani» di Henry James, che ritengo il piu grande narratore americano, dove egli aveva affrontato il tema del femminismo e della omossessualità femminile, con spirito di emancipazione. Non per nulla, Mamet ambienta la storia di Anna e Claire alla fine dell'Ottocento, quasi per mostrare quanto sia evoluto, con un secolo di distanza, l'argomento trattato e in che modo sia stato risolto. Se ai tempi di James il problema era allo stato nascente, con le sue complicazioni sociali, ai tempi di Mamet (la commedia fu scritta nel 1999) fu risolto legalmente tanto da poter fare ricorso alle forme del comico, per portarlo in scena.
Sangati ha scelto la commedia brillante, lavorando molto sulle attrici e permettendo alla sempre bravissima Maria Paiato di divertirsi nell'evidenziare anche gli aspetti comici in una carriera caratterizzata da ruoli drammatici. La brillantezza è dovuta al fatto che la vera protagonista dell'azione è la collana regalata ad Anna dal suo protettore, la cui storia, per riaverla, dopo una discutibile sparizione, fa pensare al «Ventaglio» di Goldoni. C'è da dire che Sangati, avendo preferito la commedia brillante, ha potuto affrontare l'omosessualita femminile in assoluta libertà, prendendo in giro un mondo sociale sempre lento ad assimilare le spinte progressiste. L'indipendenza e l'emancipazione di cui si parla non sono solo di tipo sessuale, perché Anna vuole essere indipendente anche dal punto di vista economico, per questo motivo sceglie di essere mantenuta, anche se, alla fine, verrà abbandonata con la consapevolezza di poter ritornare ad amare Claire e ad essere amata, benché Claire si fosse, a sua volta, innamorata di una ragazza più giovane.
Una commedia brillante è costruita sui colpi di scena che,
nella regia di Sangati, non mancano, grazie ai duetti e ai terzetti divertenti tra le tre protagoniste, avendo utilizzato il personaggio della cameriera come una vera e propria spalla, come si faceva nel teatro di Varietà.
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