Caffarella Non sono loro gli stupratori? Allora non teneteli in cella per calunnia

È tutto chiaro come nebbia. Il romeno biondino, Alexandru Loyos, non ha stuprato nessuno e però ha calunniato se stesso, e allora resta dentro: è l’unica certezza che lo riguarda. La calunnia e soprattutto l’autocalunnia non sono propriamente le emergenze nazionali che attentano alla nostra sicurezza, e ieri già fioccavano scommesse: che s’inventerà la Procura alla prossima istanza di scarcerazione, che il biondino non aveva attraversato sulle strisce? Che fu visto non obliterare il biglietto? Il nuovo ordine d’arresto oltretutto è arrivato mentre il tribunale si pronunciava in suo favore e insomma stava per liberarlo, corrispondendo a ciò che si chiama arresto a grappolo: come a dire che un cavillo banale (tipo che non ha stuprato nessuno) rischiasse di lasciar scarcerare un pericoloso autocalunniatore. Ma poi ecco: in tarda serata un’agenzia peraltro autorevole spiegava che Loyos sarebbe inquisito anche per favoreggiamento, che non è un’ipotesi di stupro ma neppure un’autocalunnia per sé e una calunnia per l’altro amico romeno. Nel caso, il favoreggiamento consisterebbe o nell’aver assistito alla violenza sessuale (troppi e precisi i particolari raccontati da Loyos nell’interrogatorio) o comunque nell’esserne stato in qualche modo a conoscenza. In sintesi: sarebbe una banale calunnia se il biondino si fosse limitato ad attribuirsi un reato altrui, sarebbe anche favoreggiamento se conoscessi anche i veri autori dello stupro.
A complicare le cose, in tarda serata, eccoti però un’altra agenzia di stampa che negava che favoreggiamento fosse mai stato contestato. Quindi nulla è chiaro, tranne una cosa: la Procura sta prendendo tempo, e la cosa è così smaccata che fingeremo che non ci sia di mezzo anche un po’ l'orgoglio degli inquirenti. Non volevano scarcerarlo e non l’hanno fatto. Il suo compare Karol Racz, quello stempiato nonostante l’identikit lo descrivesse con abbondante zazzera, resta dentro a sua volta, ma l’accusa è più chiara e pesante: un’altra violenza sessuale, un altro stupro tra i tredici al giorno che ci sono mediamente nel nostro Paese.
Ora: la morale non è tanto che l’adozione delle tecniche d’indagine più avanzate d’Occidente (impronte genetiche, profili cromosomici e compagnia bella) non abbiano lasciato altra strada che mettersi a cavillare per tener dentro a tutti i costi Alexandru Loyos, un romeno che se fosse più lontano dall’attenzione mediatica forse sarebbe già fuori da un pezzo; né vogliamo soffermarci troppo sulle motivazioni addotte dal biondino circa le calunnie che avrebbe raccontato: cioè che le avrebbe dette perché pestato dalla polizia, che a caso ieri ha diffuso un video dell’interrogatorio come per dimostrare che tutto si è svolto regolarmente.


Il timore è un altro, il timore è il solito: che tanta dovizia e tanto sforzo non siano altro che la pretestuosa e distratta cavilleria di sempre ma viste di spalle, siano solo cioè il disordinato e incespicante risveglio di una giustizia che sino a un minuto fa era brutta e addormentata. Speriamo di no. Crediamo di no. Dopodiché, buon lavoro.

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