Dallo scudetto al tracollo di Empoli: cosa c'è dietro la crisi (senza fine) del Napoli

In casa Napoli è iniziata la resa dei conti. Dai cambi in panchina, alle scelte della società agli errori di mercato. Di chi sono le colpe di questa stagione fallimentare?

Dallo scudetto al tracollo di Empoli: cosa c'è dietro la crisi (senza fine) del Napoli
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La decima sconfitta in campionato del Napoli, arrivata nella trasferta di Empoli, fa finire tutti sul banco degli imputati. Non solo il tecnico Calzona (chiamato a ricostruire i cocci delle due precedenti gestioni di Mazzarri e Garcia) e la società (le scelte post scudetto di De Laurentiis sono state alquanto discutibili) ma da sabato anche i calciatori. L'immagine di Di Lorenzo e compagni chiamati a rapporto dalla tifoseria testimonia un fatto oggettivo: il credito è ormai finito anche per i calciatori. Praticamente gli stessi o quasi che proprio un anno fa, in questi giorni, stavano regalando alla città un sogno atteso lungo 33 anni fa, la conquista del terzo scudetto. Al 33° turno ci sono 31 punti di differenza tra questo Napoli e quello di Spalletti e al momento la partecipazione alle coppe europee è a serio rischio. Un crollo verticale, a memoria mai verificatosi per una squadra detentrice del tricolore. Proviamo ad analizzare cosa è successo agli ormai ex campioni d'Italia.

Troppi cambi in panchina

Sostituire Spalletti non era per niente semplice e di sicuro l'errore più grande è stato lasciarlo andar via. Ma fatto sta che nessuno dei tre allenatori chiamati ha dimostrato di avere il phisique du role per sostituire l'attuale ct della Nazionale. Partiamo da Rudi Garcia, non esattamente però un profilo da possesso palla e dominio del gioco. Il francese non è ben visto dallo spogliatoio e le prestazioni sono poco convincenti. Eppure quando il francese viene esonerato, il Napoli è in piena zona Champions. Forse un po' più di pazienza sarebbe servita. Dopo un lunga fase di incertezza viene scelto Walter Mazzarri, Il tecnico toscano oscilla tra il 4-3-3 e la confort zone del suo 3-5-2, senza però brillare. Con il rimpianto di non aver avuto Osimhen prima per infortunio poi per la Coppa d'Africa, viene esonerato, prima dell'andata col Barcellona. A quel punto la panchina viene affidata a Francesco Calzona, un'integralista del 4-3-3, ma anche con lui il Napoli non decolla. A parte le vittorie roboanti con Sassuolo e Monza, la squadra perde ogni stimolo dopo l'uscita dalla Champions. A questo punto il dubbio è lecito. Non era meglio tenere Garcia?

Le colpe di De Laurentiis

L'anno scorso veniva osannato, quest'anno invece gli viene imputato il crollo verticale del Napoli. I meriti di Aurelio De Laurentiis sono insindacabili. Perché partire dalla Serie C e arrivare alla conquista dello scudetto, con il bilancio in attivo, è stato davvero un capolavoro. Il peccato originale di Adl è stato però quello di poter pensare di fare a meno di Spalletti e di Giuntoli, figure indispensabili, come dimostrano i risultati di questa stagione. Uomo dalle grande intuizioni ma troppo accentratore, forse ha pensato di poter fare tutto da solo. In questi mesi l'abbiamo visto scendere negli spogliatoi per strigliare la squadra, parlare di moduli, litigare con i suoi allenatori, con Sky (perché non voleva che un giornalista laziale intervistasse Politano). E se non bastasse con Dazn (per la data con la gara con l'Atalanta), con la Lega (per i diritti tv), con la Federcalcio (per Spalletti), con i procuratori dei suoi giocatori (causa rinnovi). Insomma ha fatto la guerra a tutti. Non sarebbe meglio tenere un profilo più basso e imparare a delegare, scegliendo figure dirigenziali esperte o autorevoli a cui affidarsi? Faccia così dalla prossima stagione.

Errori di mercato

Non è mai facile per un giocatore, riuscire ad inserirsi subito, soprattutto quando sono giovani e vengono da campionati esteri. Detto ciò l'apporto dei nuovi acquisti è stato praticamente nullo. A partire dal brasiliano Natan, arrivato dal Bragantino per sostituire Kim,. In quel caso l'errore è a monte. Per sostituire una colonna della difesa come il coreano serviva un profilo che desse maggiori certezze, invece che un giovane da svezzare. Fatto sta che dopo poche apparizioni il difensore brasiliano è finito nelle retrovie delle gerarchie con tutti e tre gli allenatori. Ma soprattutto perché investire solo 10 milioni quando ne sono arrivati in cassa quasi 50 per Kim. Altra delusione è stato il danese Jesper Lindstrom, arrivato dall'Eintracht Francoforte per 28 milioni. Un giocatore dalle buone qualità tecniche, ma che non è stato inquadrato bene tatticamente. Esterno d'attacco, mezzala o trequartista? Nessuno dei tre allenatore l'ha capito. Scelte poco comprensibili anche a gennaio.

Non arriva il centrale che serve ma vengono investiti 20 milioni su Cyril Ngonge, in un reparto già completo. Il caso vuole che il belga diventi l'unico nuovo arrivo a mostrare qualità. Perché di Cajuste, Traoré, Mazzocchi e Dendoncker, non c'è neppure traccia.

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